DENTRO O FUORI

E’ stato detto da un critico: “Ogni uomo ha in sé la propria legge; gloria o avvilimento, premio o punizione hanno origine da lui stesso”. E ciò non è soltanto vero nella vita terrena, ma è doppiamente vero anche nella vita dell’anima sul piano astrale. Essa ha in se stessa il proprio paradiso o inferno, da essa stessa creato e dalla sua religione, e partecipa delle beatitudini o delle pene, secondo i suoi meriti. Ma il Giudice che concede il premio o decreta la punizione non è una Potenza ad essa estranea, è una Potenza interiore; in breve, la propria coscienza. Sul piano astrale la coscienza dell’anima si afferma risolutamente, e la debole, rassegnata voce che fu soffocata forse durante la vita terrena, squilla ora come una tromba, e l’anima l’ascolta e obbedisce. La coscienza dell’uomo, se libera di parlare chiaramente ed energicamente, è il più severo dei giudici. Spogliandola di ogni lusinga e di ogni ipocrisia, voluta o meno, espone l’anima nuda e aperta al proprio scrutinio spirituale. E l’anima, parlando come la coscienza, si giudica secondo i propri concetti del bene e del male, e accetta la sentenza come giusta e meritata. L’uomo può sfuggire al giudizio degli uomini, ma non sfuggirà mai alla propria coscienza sul piano astrale. Egli non è in grado di sottrarsi alla sbarra del giudizio della coscienza e conduce sé stesso alla ricompensa o alla punizione. Questa è la poetica giustizia dalla Natura che supera ampiamente qualsiasi concezione dell’uomo nelle sue speculazioni religiose. E notate come tutto ciò è assolutamente equo e giusto. L’uomo è giudicato secondo i più alti limiti della sua anima, che rappresentano naturalmente i limiti del suo tempo e del suo ambiente. Il meglio che è in lui (ciò che di più alto può dare) esamina e giudica tutto ciò che in lui è al di sotto di quel limite. Il risultato è che l’anima stessa attua quella che la più alta ragione concepisce come assoluta giustizia. I grandi pensatori dell’umanità sono unanimi nel ritenere che ogni arbitraria misura di punizione, com’è stabilita nei codici penali, è condannata a essere necessariamente di nessuna importanza rispetto alla vera immutabile giustizia. Poiché l’ambiente e l’educazione del criminale possono averlo indotto a considerare quasi naturale il delitto, mentre lo stesso delitto, se commesso da un altro, potrà essere il prodotto di una negazione della coscienza e di un’infrazione della legge morale, di cui egli è pienamente conscio. Non sapremmo definire delittuoso il furto di un volatile commesso dalla volpe, o criminale il gatto che di nascosto lecchi il latte da una ciotola sulla tavola. Vi sono molti esseri umani il cui senso del bene e del male è ben poco al di sopra di quello degli animali citati. Perciò la legge umana, almeno teoricamente, non è diretta a punire, ma a prevenire con l’esempio e con i precetti. In relazione a questo pensiero, dobbiamo ricordare che la giustizia assoluta non conosce affatto la punizione come tale. Come abbiamo detto, anche la legge umana, almeno teoricamente, non cerca di punire il criminale, ma persegue i seguenti fini:
a) ammonire gli altri a non commettere lo stesso delitto;
b) impedire al delinquente di commettere altri delitti, confinandolo o imponendogli pene salutari;
c) riformarlo, mostrandogli i vantaggi di un’azione retta e gli svantaggi di un’azione disonesta.
Se questo è vero per la limitata legge umana, che cosa dobbiamo attenderci al riguardo dalla infinita legge cosmica? Nulla di meno, certamente, di una disciplina che aiuti lo sviluppo delle buone qualità dell’anima, mortificandone le cattive. E proprio questo, l’occultista progredito trova sul piano astrale. A questo riguardo va ricordato che la disciplina che potrà andare bene all’anima di bassi ideali, sarebbe inefficace per l’anima raffinata e viceversa. In breve, può dirsi che in verità la natura della disciplina appropriata a ciascun individuo è bene espressa dall’idea di paradiso o di inferno che l’individuo aveva nella vita terrena, e che è rimasta nell’anima dopo che questa è passata sul piano astrale. La mente di alcuni individui si ferma all’idea di un lago di zolfo per i peccatori e di una piacevole dimora in un paradiso dalle strade dorate, con musiche di arpe e cetre, per i beati. Altri, progrediti oltre questo stadio avendo lasciato dietro di sé le vecchie idee di un paradiso nello spazio e di un inferno di torture, pensano che la più grande felicità possibile sia per essi vedere raggiunti i propri ideali, realizzati i loro più alti fini, avverati i loro sogni; e che la più grave punizione sia una condizione in cui possano assistere alle estreme conseguenze del male che hanno fatto. E ambedue queste categorie trovano sul piano astrale l’inferno e il paradiso che hanno immaginato, perché entrambe li hanno creati nella loro coscienza interiore, e queste concezioni mentali sono, dunque, vicine alla realtà. Per essi, la gioia e il tormento producono gli stessi effetti malgrado l’assenza del corpo fisico. Sul piano astrale il peccatore che crede a un inferno di fiamme e di zolfo, dov’è atteso per gli orrendi delitti commessi nei suoi giorni mortali, non resta così deluso. La sua credenza formerà l’ambiente, e la sua coscienza lo condannerà alla pena in cui crede. Anche se ha tentato di divenire scettico usando il suo raziocinio, tuttavia il suo subcosciente conserva il ricordo degli insegnamenti avuti nell’infanzia o delle tradizioni della razza, ed egli si troverà nella stessa condizione. Soffrirà le tradizionali torture e sevizie (nella sua immaginazione, naturalmente) finché non avrà ricevuto un’efficace lezione disciplinare, il cui oscuro ricordo lo perseguiterà nella prossima incarnazione. Questo è, naturalmente, un caso limite. Vi sono molti altri gradi e varietà di inferno che le anime portano sul piano astrale, a seconda delle rispettive religioni. Ciascuno prevede la punizione più idonea a esercitare un’azione inibitoria preventiva e a influire sulla successiva vita dell’anima. Lo stesso vale per l’ideale di paradiso. L’anima va incontro alla pace e alle gioie della beatitudine, quali aveva immaginato, per le buone azioni che stanno a suo credito negli infallibili annali della memoria. Se poi l’anima non è stata completamente cattiva, né completamente buona, ne segue che essa conosce punizione e ricompensa, a seconda del riconoscimento della risvegliata coscienza. Ovvero, per dirla in altre parole, la coscienza “forma una media” che risponde, verosimilmente, alla credenza prevalente dell’anima. Chi nella vita terrena ha raggiunto deliberatamente il convincimento che non c’è aldilà per l’anima, fa una peculiare esperienza. Incontra i propri simili su un piano, in cui immagina di essere stato trapiantato su un altro pianeta e di essere ancora in possesso del corpo fisico. Ed essi partecipano a un grande dramma del karma, perché sono costretti a soffrire le stesse pene che hanno inflitto agli altri, e a godere le stesse gioie che agli altri hanno elargito. Non sono puniti per il loro scetticismo (ciò che sarebbe un’inconcepibile ingiustizia), ma imparano a proprie spese la lezione del bene e del male. Questa esperienza è puramente mentale, ed è il prodotto della rappresentazione astrale dei ricordi della vita terrena, sollecitata dalla coscienza risvegliata che applica ad essi il principio “occhio per occhio, dente per dente”. La fede o lo scetticismo non modificano la legge cosmica di compensazione e di purificazione astrale. Le leggi del karma non possono essere rese inefficaci dal rifiuto di credere nell’aldilà o di distinguere il bene e il male. Ogni essere umano ha, per remota che possa essere, l’intuizione della sopravvivenza dello spirito e la profonda certezza dell’esistenza di un codice morale. Queste idee e credenze del subcosciente vengono alla superficie sul piano astrale. Le anime progredite che ci hanno dato le migliori e più alte informazioni sulla vita dello spirito sull’altra sponda, concordano nel dire che la più eccelsa beatitudine e il più profondo tormento dell’anima di esseri intelligenti e colti nascono, nel primo caso, dalla percezione dell’effetto delle loro buone azioni e dei loro buoni pensieri nella vita terrena, e nel secondo da identica percezione circa le conseguenze delle cattive azioni e dei cattivi pensieri. Quando gli occhi dell’anima sono illuminati così da poter discernere e seguire nella completa tessitura delle cause e degli effetti ciascuno dei fili che vi ha inserito, l’anima conosce un paradiso o un inferno ben più drammatici di tutto ciò che mai Dante immaginò. Non c’è gioia dell’anima che possa essere paragonata a quella che deriva dal vedere le logiche conseguenze di una buona azione, come nessun tormento è uguale a quello di vedere il risultato di una cattiva azione, e di pensare disperatamente che tutto poteva essere diverso. Ma anche queste esperienze si cancellano dall’anima. In realtà, durano un solo momento che all’anima sembra un’eternità. Non esistono sul piano astrale pene eterne o eterne beatitudini. Le une e le altre passano, e l’anima riemerge nella vita terrena, per entrare ancora nella Scuola della Vita, nel Giardino d’Infanzia di Dio, per apprendere e riapprendere la lezione. Ricordate sempre che l’anima porta in sé stessa il proprio paradiso e il proprio inferno. Né l’uno né l’altro esistono oggettivamente, ma sono creazioni dell’anima. L’inferno e il paradiso di ogni anima sono il prodotto del suo karma, e una semplice creazione mentale della sua essenza; ciò non li rende meno reali per l’anima. Nulla c’è nella vita terrena che le sembri più vero. Ricordate ancora che inferno e paradiso, sul piano astrale, non sono punizione o premio, ma solo naturali mezzi per sviluppare le più alte qualità e ridurre le inferiori, affinché l’anima possa avanzare sulla Via della Perfezione. E per ripetere le parole già citate in epigrafe a questo capitolo: “Ogni uomo ha in sé la propria legge; gloria o avvilimento, premio o punizione hanno origine da lui stesso”. Ma la vita qui non è fatta soltanto di inferno e di paradiso. Vi si conoscono gioie che nulla hanno a che vedere con le buone o le cattive azioni della vita terrena, ma nascono dall’impulso di esprimere le proprie facoltà creative e di esercitare con maggiore potenza il proprio intelletto; le gioie della creazione intellettuale e della conoscenza, che superano ogni speranza dei mortali.

 

DENTRO O FUORIultima modifica: 2014-07-28T13:30:44+02:00da subbuteo63
Reposta per primo quest’articolo