GLI ELOHIM: RELIGIONI, MITI E LEGGENDE A CONFRONTO

OSIRIDE E GESÙ
Indagando sul culto di Osiride ci ritroviamo ad inseguire vicende che legano i quattro angoli del mondo in un comune denominatore. Il culto di Osiride inizia circa quattromila anni fa e vede i suoi albori ad Abido nel 2300 a.C. Questo Dio raggiunge una popolarità tale da far dimenticare il predecessore. Il nome deriverebbe da quello del Dio ariano Asari, noto come Asar; un Asa, un abitante del paese degli Asar, l’antica Asia; vocabolo derivante dal fenicio Asir e dallo scandinavo Aser.

Asar, detto dai Greci Osiride, è l’eroe di un dramma che si svolge in una grande isola circondata da canneti, nel cuore del “grande Mare Verde”, una storia narrata da Marthe De Chambrun nel suo “Empervier Divine”.
Asar, come Osiride, verrà crocifisso e smembrato da suo fratello Set o Tifone. Zeus, Giove per i romani, combatté con Tifone (Typhon) un serpente, sul monte Casio (Sinai). Per gli Ittiti, Hurriti e Sumeri si tratta di Teshub, dio del tuono, che lottò contro Yanka, il serpente. Secondo i fenici il dio era Baal; dio solare del quale diremo più avanti.
Per gli Amurriti fu Adad, dio delle tempeste, a lottare contro Yam e Mot. Fu sconfitto e sua sorella Anat, innamorata di lui, lo risuscitò dopo aver ucciso Mot. Questo ci riporta a Osiride, ricondotto in vita da Iside.
Per l’Egitto Osiride è il “Maat”, il “Signore di giustizia”, il “Signore Santo”, di cui ci parlano i papiri di Ani, il Libro dei Morti di Hunefer (British Museum). Questi scritti raccontano del serpente umano Sata, dei Figli delle tenebre, della passione del Dio dopo una cena, durante la quale, guarda caso, viene distribuito il pane e le carni consacrate nel suo nome di “Signore del Cibo Divino” (“Piramide di Teta”, pag. 214, edizione Maspero).
Osiride, in greco Busiris, proviene da Dedu. A Menfi spodestò Sokaris e ad Abidos divenne il signore del regno dei morti. Raffigurato come una colonna spezzata nel punto del capitello.
Dio dell’ordine naturale, accompagnato da Anubis e dalla coppia Up-Nat, unificò la IX provincia che prese il nome di “Casa di Osiride”, oggi nota come Abusir.
Il papiro di Hunefer, cap XVII; la piramide di Unas e gli scritti di Maspero ci portano a conoscenza che i Figli delle tenebre vogliono disfarsi di Osiride. Egli è consapevole che è arrivata la sua ora, ha vissuto tutta la sua vita ed ha paura di avviarsi verso le tenebre.
Nel papiro di NU (Nu era considerato l’oceano cosmico) si legge: “Io sono il vostro Signore. Venite a prendere posto tra le mie file. Io sono il figlio del vostro Signore e voi mi appartenete per mezzo del padre divino che vi ha creato. Io sono il Signore della Vita.” Impressionante collegamento con Gesù che ripeterà le stesse parole 2300 anni dopo. Come Gesù anche Osiride viene crocifisso su di un patibolo formato da un tronco di sicomoro, su cui è posta orizzontalmente un asse: il “Tau”.
Le mani e i piedi vengono legati al tronco.
“Omaggio a te sicomoro gran patibolo, compagno del Dio. Il tuo petto tocca la spalla di Osiride” (Piramide di Pepi II).
“Io sono venuto e ho tolto questa cosa oltraggiosa che era su Osiride. Ho posto la corona Atef al posto della corona Ureret. Ho alleviato il dolore, ho sostenuto il supporto dei suoi piedi” (Papiro di Ani cap.CLXVII).
Lo stesso patibolo, la croce, accomuna Gesù e Osiride allo stesso destino di Krishna, un dio orientale, la cui vita è il tema dominante della Bhaagavad Gita.
“Krishna è venuto sulla terra (Gesù disse: io non sono di questa terra) per cancellare i peccati del Kali-Yuga (età del ferro), per prendere su di se i peccati che opprimono l’umanità. Compiuta la sua missione egli è tornato in cielo indicando la via a coloro che gli sono fedeli”. Tanto è scritto nel Bhaagavad Purana 11, XXXI, 5, 6, XXXVIII, 10.

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LA CROCE E IL TAU

La croce designa le quattro forze della creazione, i quattro punti cardinali terrestri e cosmici, l’albero della vita; come indicano le altre forme interpretative in uso presso i popoli antichi, quali la ruota solare, la svastica, la croce di Sant’Andrea, il Fior di Loto.
A Ninive è stata ritrovata una tavoletta, contrassegnata col numero 1231, sulla quale vi è incisa una croce; è stato detto che rappresenta la galassia primitiva.
Per i Maya la croce rappresentò il simbolo del Dio Ah-Can-Tzicnal, detto “Il signore dei quattro angoli del mondo”.
E riferendosi al popolo Maya, Antonio Batres Jaurequi, interpretò le ultime parole aramaiche di Gesù “Eli Lama Sabac Thani” in una frase maya “Hele, Hele Lamach Sabac Ta-ni” e cioè: “ora mi sento debole, l’oscurità copre il mio volto”.
Il Papiro di Amenhotep (cap CXXX) ci porta il grido di Osiride “Cuore mio! Madre mia! Cuore mio! Madre mia!”.
Duemila anni fa la croce divenne il simbolo del cristianesimo, ma era già stata il simbolo del Dio Assiro babilonese Marduk, raffigurato come un drago volante con la testa di serpente, impostosi a Babilonia e in Assiria con il nome di Bel.
Bel era anche il Dio Britannico adorato a Bal-Hor (ancora un allacciamento a Baal), sito noto anche come Belem, luogo del regno del Dio della Luce. In Palestina veniva chiamato Betlemme ove nacque Gesù Cristo, detto dai Re Magi “Sole Splendente”.
L’Enuma Elish della saga Sumera racconta che: “Nella camera dei fati, nel luogo dei destini, un Dio fu generato, il più capace e saggio degli Dèi; nel cuore del profondo fu creato Marduk. Il Dio che distrusse Tiamat, la vergine della vita, in un epica battaglia celeste e generò la Terra.
Di Marduk si racconta che faceva piovere fuoco e annientava i nemici con un lampo abbagliante.
Veniva raffigurato da un globo alato, simbolo ricorrente fra i popoli. Pittograficamente disegnato con una croce che nelle lingue semitiche divenne la lettera “Tau” ovvero il “segno” del “pianeta dell’Attraversamento”.
Doverosa un’altra nota: sembra accertato che il sanscrito antico sarebbe stato composto da caratteri Devanagarici, tratti dalla lingua degli Dèi, quindi gli Dei scrivevano.
Le stesse tavole delle legge date a Mosè sul Sinai da Elhoim (in Ebraico “gli Dèi”) sarebbero state scritte dal “dito di Dio”.
Tornando alla Croce, Homet dichiara di aver visto nell’isola di File, a sud della diga di Assuan, una effigie del dio Osiride crocifisso, circondato da Iside e Neptis piangenti. La scena riporta alla mente il pianto delle donne sotto la croce di Gesù.
Il Tau, in Egitto, era un tavolo a forma di “T” (molti esemplari sono stati trovati nelle gallerie dei templi), ove venivano legati gli iniziati, lasciati per tre giorni e tre notti in un sonno profondo, chiamato “Sileam”; sonno che permetteva al loro spirito di parlare con gli Dèi e visitare il mondo dell’Ade. Era un’usanza comune con l’Islam, ove l’iniziato veniva lasciato in una cripta di un tempio o in una grotta sotterranea. In Egitto lo si poneva nel sarcofago della camera del re della Grande Piramide, dove veniva iniziato da Osiride e da Thot, dio della sapienza.
Si dice che negli antichi riti egizi si trovino le radici dei riti Massonici e dei Templari, risalenti fino alla storia di Hiram Abif e i segreti della tecnica di costruzione.
Nel tempio di File un bassorilievo rappresenta una scena dell’iniziazione. Si possono vedere due Dèi ierofanti, uno con la testa di falco, l’altro di Ibis (Thot), in piedi vicino ad un candidato sul quale versano un duplice getto d’acqua intrecciata a croce, formata e piena di tantissime croci ansate.
Croci in ogni loro forma si sono trovate sulla tomba e sul trono di Bait-Oxly. Il Tau o “Tat” egizio fu anche il segno impresso da Ezechiele sulla fronte di coloro che nella tribù di Giuda temettero il Signore. Espediente adoperato da Mosè per evitare che Dio colpisse il suo popolo anziché quello egizio durante il flagello delle sette piaghe. Infatti il segno, impresso col sangue sulle porte degli ebrei, era un Tau; lo stesso segno col quale Horus risuscitava i morti. L’ierofante egiziano portava un copricapo quadrato durante le sue funzioni, come quadrati sono i cappelli dei sacerdoti armeni e dei vescovi cristiani. La croce filosofica iscritta nel quadrato perfetto simbolizza l’esistenza umana perché il cerchio della vita circoscrive i quattro punti della croce che simbolizzano la nascita, la vita, la morte, l’immortalità nella Resurrezione. Simile alla croce astronomica egiziana che veniva posta sul petto della mummia.
I bracci della croce di S. Andrea e della croce di Ermete erano conosciuti fra gli Indù, i seguaci di Brahma, i buddisti, che piegarono le quattro estremità formando la svastica impressa sulla loro bacchetta.
La croce uncinata si trova incisa sulle pietre in Transilvania, nelle pietre di Troia, sui fusi del 1500 a.C., in India nel 500 a.C., e in Cina nel 600 a.C..
In Giappone il Buddismo, nel 700 d.C., ne fece il suo simbolo. Tale croce presente in tutta la regione semitica simboleggia la fonte della vita, i quattro punti cardinali, le quattro forze: aria, acqua, terra e fuoco. I quattro venti, i quattro angoli del mondo.
Kipling ne adornava i suoi libri che narravano storie indiane, la fece togliere con l’avvento del Nazismo.
Tracce della croce si trovano sulle statue dell’isola di Pasqua e sulle rocce della Scandinavia precristiana. Nella versione araba di Giosuè, uno degli oscuri Targum ebrei, e nel Targum di Gionata, si legge: “Egli crocifisse il Re di Ai su un albero”.
In un tempio Messicano del sole, Tepe, un geroglifico rappresenta una colossale croce sormontata da una divinità sanguinante.
A Palenque vi è un “tempio della croce”, dal simbolo che si trova su uno dei suoi lati. La croce è il segno che domina a Palenque anche nelle sue riduzioni che ricordano “l’albero della vita” dell’India, segni impressi molto tempo prima della nascita di Cristo.
A La Venta, l’uomo raffigurato nel serpente possiede una “croce di S. Andrea”, due se ne trovano a Uxmal e una nella piramide del Mago. La necropoli di Naqash I Rustam, a quattro chilometri da Persepoli, racchiude le Tombe di quattro imperatori persiani (fra cui Dario I° e Serse I°). Sono scavate nella roccia sul fianco di una montagna e presentano una facciata cruciforme. Al disopra dell’ingresso i bassorilievi evocano anche Ahura Madza, dio della Luce.AFFINITÀ CRISTIANE
Ad Alessandria d’Egitto, il dio del sole Osiride viene ucciso ogni anno e tagliato a pezzi il giorno del solstizio invernale.
Il 5 gennaio seguente, Iside genera Harpocrate, Dio del Sol levante. La data di nascita di Cristo combacia con quella della divinità solare, “il sole invincibile” e la festa dell’epifania diventa quella della nascita del nuovo dio del sole.
Molti i legami fra il vangelo, la bibbia, i racconti del diluvio, i testi della piramidi di Saqqara e l’albero della vita di Pepi (2280 a.C.).
Un certo Jurgis Baltrusaitis, nel suo “La quete d’Isis” (ediz. Olivier, Parigi) rileva che i Celti e gli Egizi confondevano i misteri di Iside con quelli di Gesù.
In origine Iside (Ise in Giappone a Nagoya) e Gesù furono nomi di una medesima cosa; indicavano, infatti, i figli naturali degli Dèi d’Egitto (gli Dèi partoriti nel Vascello); da Iside abbiamo quindi: Is-Is, Esos, Hesus e infine Jesus, ovvero Gesù. Quest’ultimo simboleggiato dall’agnello riservato al sacrificio, come Osiride lo era dall’ariete. Nel papiro funerario di Ani (pl32) si legge: “le mani di Osiride (Ani) sono le mani di Ba-Neb-Tatu (l’ariete, signore del patibolo)”.
Vi è comunque una differenza fra i due personaggi: Osiride non ha mai camminato sulle acque, ma i cristiani attribuiscono il miracolo a Gesù ispirandosi alla conquista vedica degli Indù, nella quale Nara, lo spirito divino, è detto Narayama, cioè colui che si muove sulle acque.
Nell’Egitto preistorico troviamo questa frase:”colui che perde la sua pelle rinasce”. Quando le parti del corpo di Osiride furono riunite, Anubi dio della Sepoltura, e dell’imbalsamazione, dovette fornirgli la sua stessa pelle per risuscitarlo.
Gli annali Egizi riferiscono: “una pelle appena strappata da un animale conserva tutte le sue forze vitali che vengono acquisite da chi se ne riveste”.
Vi sono altri allacciamenti con altre civiltà. Nel Messico, infatti, i sacerdoti si coprivano con la pelle dei grandi guerrieri nemici per acquisirne anche le virtù.
Xipe-Totec Dio messicano della Primavera, che proviene dalla civiltà Mazapan, scoperta a Coatlican, era rivestito da pelle umana; in genere quella di un prigioniero appena scorticato.
Coat significa serpente, ecco perché questo animale era ritenuto sacro; la natura gli permetteva di cambiare pelle e apparire eternamente giovane.
Interessante notare la leggenda Navaho che parla del Mostro di Gila che raccoglie le parti di un uomo e le ricompone. Simboleggia i poteri dell’uomo medicina.
Il mostro guarisce un uomo recuperando tutte le sue parti, il sangue viene raccolto dalle formiche, gli occhi e le orecchie dal sole, la sua anima dal Dio Parlante e dal fanciullo del polline, poi il fulmine ed il tuono riportano l’uomo alla vita.
Nelle pianure del nord si racconta anche della donna “bisonte bianco” che scese dal cielo e insegnò agli indiani come vivere una vita virtuosa e come pregare il creatore. Poi un giorno disse al popolo che doveva partire e che sarebbe tornata in un futuro, si trasformò in un bisonte bianco, salì tra le nuvole e nessuno la vide più.
Un giornale Canadese pubblicò la leggenda raccontata da “Mezzaluna”, un capo Paiute, secondo cui gli indiani furono creati in cielo da Gitche Manitou, il Grande Spirito, che inviò sulla terra un “grande uccello del tuono” per trovare un luogo ove i suoi figli potessero abitare. Quando trovò il luogo adatto mise gli uomini su quella terra e insegnò loro a servirsene con saggezza, senza abusare delle sue risorse.
La convergenza con il Cristianesimo continua con il concetto della Trinità. Secondo la dottrina cristiana Dio è Uno e Trino, concetto che ritroviamo nei Maya Quichè; gli dèi Caculha Huracan, Chipi Caculha e Raxa Caculha formano il “Cuore del cielo” che è il nome di Dio.
Cogliamo l’occasione per ricordare che i Maya, contrariamente a quanto può apparire, dalla moltitudine di Dèi presenti nel loro Pantheon, non erano politeisti. Credevano in un solo Dio, creatore di tutto ciò che esisteva chiamato “Hu-Nab-Ku”, ovvero “l’unico Dio che è”. Gli Dèi erano soltanto gli innumerevoli aspetti di questo Dio e rappresentavano le necessità degli uomini.
Abbiamo una trinità Celtica rappresentata da un tridente che unisce il sole, la luce, il fuoco; simile a quella Indiana ove il tridente è quello di Siva, Visnù e Brahma.
Ne troviamo una Incaica con Pacha-Kama (il creatore, il sole il padre), PachaMama (la terra madre) e Kontiki (Il dio del tuono e del fulmine).
Infine una Egiziana dove Ermete, cioè Thot, contiene tre principi di unità: il mondo divino dell’essere assoluto e del mondo individuale. L’unità come origine e sintesi dei numeri, il mondo Fisico, l’uomo alla testa degli esseri relativi. Dio è il padre, il figlio è il Verbo, la vita è la loro unione; ossia il verbo luce, il sole; Osiride.
Se guardiamo oltre vedremo un collegamento con gli Esseni (di cui Gesù avrebbe fatto parte con San Giovanni Battista) che conoscevano il Verbo Divino di Krishna e di Osiride, Orfeo e Pitagora. Verbo definito come mistero del figlio dell’uomo e del figlio di Dio.
All’inizio era il Verbo e il Verbo era Dio. Tutte le cose furono da esso create e senza di Lui niente era fatto. Il verbo governa l’esistenza di tutte le cose e tutte le creature.
Aton, profeta di Dio dichiara: “Tu sei nel mio cuore. Nessun altro ti comprende come me, tuo figlio, carne della tua carne”. Giovanni dice: “Nessun uomo ha mai visto il padre eccetto colui che è Dio”.
Forte il legame e l’impronta della religione solare nei primi secoli del Cristianesimo, tanto che, solo 50 anni dopo il consiglio di Nicea, fu accettato il Nuovo Testamento, che in pratica è la raccolta dei Vangeli scritti da quegli Ebrei che non credevano al Messia e ai quali si rivolge il passo 2,36 degli Atti: “Tutto il popolo di Israele deve sapere che questo Gesù, da voi crocefisso, è stato creato da Dio, come Signore e Messia.”
Homet afferma di possedere un ampia documentazione riguardante i sarcofagi cristiani sui quali si trovano lune intagliate e soli splendenti.
Gerusalemme, in passato, era un tempio del sole, centro di culto di tribù ebraiche che abitavano la valle di Hunnan e bruciavano bambini al dio Baal (Moloch).
Un passo del Popol-Vuh, dei Maya-Quiches del Messico, recita: “Nel paese di Moloch, re degli Dei, si sacrificavano esseri umani per ottenere raccolti buoni.”
Gli Yesidi adoravano Malek-Tau il signore Pavone, dai cento occhi, simbolo dell’intelligenza, scacciato dal cielo con Satana; chiamato Malek, Signore. Nuova forma di Molok, Melek, Malayak, Malachim. Vocabolo che con il suo significato ci conduce ai messaggeri, agli angeli, dal greco Anghelos. Anche a Cartagine si usava sacrificare a Moloch-Baal. Sulle rovine del tempio di Baal, Salomone costruì il suo tempio e in seguito il califfo Omar vi edificò la Moschea Santa dell’Islam.
Il che ci porta ad Allah, il Grande, l’Onnipotente, il Verbo Divino, unico Dio che, col nome di Jehova, lo è anche di Mosè e di Gesù. Maometto è il suo profeta.
Ultimo uomo a portare la parola divina sulla terra, un profeta che riconosce Mosè e Gesù come una emanazione del verbo Divino. Maometto riceve l’ispirazione dall’arcangelo Gabriele. Come Gesù, a cavallo di una giumenta, visita Gerusalemme dopo aver lasciato la Mecca e in compagnia dell’arcangelo sale in cielo presso il Verbo.
Il Corano ci informa che la giumenta usata dal profeta si chiamava Elborak, guidata dall’arcangelo Gabriele, aveva un colore grigio argenteo e risplendeva. “…percorremmo con la velocità del fulmine l’immensa estensione aerea… attraverso l’immensità dello spazio”. Maometto percorse tutte le sfere celesti e incontrò Gesù, Giovanni, Enoch, Mosè ed altri. I cieli visitati furono sette. Il viaggio viene narrato con dovizia di particolari.
Apriamo una piccola parentesi sul numero “sette”, una delle cifre fondamentali in tutte le religioni del mondo, messo in evidenza fin da Ras-Shamra (Ugarit), 7000 a.C., presso Byblos.

IL NUMERO SETTE
Ricorrente nei Purana, nel Libro dei Morti, nello Zendavesta, nelle tavole Assire, nella Bibbia e nel Popol-Vuh. Pitagora lo chiama “Veicolo di Vita” formato dal Quaternario (l’azione e la materia) più la Trinità (la sapienza).

  • Sette sono gli Dei accostati ai sette saggi del Pantheon Babilonese, sette sono i raggi di Bacco, sette quelli del disco solare sulla testa di Thot.
  • Sette le regioni della terra, sette le razze umane, sette le famiglie di Votan, sette le grotte degli antenati di Nahuals, sette le città di Cibola, sette le isole Antille, sette gli eroi sfuggiti al Diluvio, sette i Rishi salvati da Vaivasvata, sette i gruppi di bestie raccolte da Noè.
  • Sette i candelieri nelle sette chiese, dove i sette spiriti di Dio erano i sette arcangeli nei sette cieli.
  • Sette i cancelli di Shamballa.
  • Sette volte Ofione si arrotolò intorno all’uovo universale depositato dalla Dea di tutte le cose, Eurinone, creatrice delle
  • sette potenze planetarie: sole, luna, marte, mercurio, giove, venere, saturno.
  • Sette le corde della lira di Orfeo, il Forminx.
  • Sette i giorni del Dio settenario di Thot Lunus.
  • Si parla del settimo mistero dell’iniziazione.
  • Sette sono gli Dèi di Abydos, sette le dee Hator che stabiliscono il destino di ogni neonato.
  • Sette le colonne a S .Maria Trastevere a Roma e sette le colonne a Lacona, sette le pagode dei templi Indù.
  • Sette i vasi trovati in Scandinavia, di forma emisferica, rappresentanti il cavallo del Carro di Apollo.
  • Sette gli elementi con i quali sono stati fabbricati gli Archi dei Sioux e degli Algenquins.
  • Antichi viaggiatori arabi parlavano delle Antille, dette “Sabain”, nominando l’isola delle sette città.
  • Rama (Shri Ramchandra) sarebbe la settima incarnazione terrena di origine celeste del dio Vishnù.
  • Sette sono i giri che il musulmano deve fare, per conquistare il paradiso, intorno alla Kaaba; ove è sigillata la pietra che l’Arcangelo Gabriele inviò ad Abramo e Ismaele quando, sulla base dei disegni dati da Dio, costruirono il Tempio.
  • Sette i giri che gli induisti e buddisti fanno intorno al sacro monte Kailash per purificarsi dai peccati.
  • Sette sono i piani o mondi divisi in sette sottopiani: il piano fisico, astrale, mentale, individuale (dell’intuizione) quello dell’anima, il piano dell’Io cosmico, della volontà, dove risiede il Logos. Infine il piano della divinità.

Si ricollegano fra l’altro ai mondi delle stanze di Dzyan ove si menzionano i cieli esoterici.
Una leggenda scandinava dice: “C’è un nume nel mare (…) da questo mare nacquero Snorra e le sue sette isole Vergini (…) io canto le sette isole della felicità che sono sul mare come le sette Stelle che sono nel cielo (…) infine canterò Selia regina delle sette isole dai palazzi incantati e dai mille ponti delicati che si specchiano nelle acque delle lagune solcate dai cigni, con il loro scivolare immacolato. Selia aureola del Sole”.
Le saghe Scandinave parlano della dimora di Apollo, Dio del Sole, Luce del Nord, raffigurato sopra un carro tirato da Cigni, mettendo in evidenza che si tratta di un Dio Nordico, iperboreo.

ANALOGIE
Analogie con l’India, il Messico, il Mediterraneo, la Polinesia, dove ritroviamo culti derivati da questa Luce del Nord, terra natale di Crom e Ra.
Non più casuale il collegamento con un Dio dell’India, Hamsa, raffigurato da un Cigno iperboreo chiamato Aham, cioè Io-Sa: il Verbo Divino compagno di Apollo che tratteremo più avanti.
Ma torniamo a Maometto profeta del Verbo Divino. Il verbo fatto uomo è Gesù, al quale l’Islam riconosce la santità. Il minareto più alto nella Moschea di Damasco è dedicato a Sidi Aissa, ovvero Gesù Cristo, il Verbo Sacro, lo Splendente, venerato e adorato come uno dei più grandi santi dell’Islam.
Il padre gesuita Monserrate (1536-1600) nella relazione “Relacao da Equebar, Rei Dos Mogores foglio 116, a b” ci informa che, presso un lago sacro nel Tibet occidentale, il Manasarovar, chiamato Mansaruor, conosciuto anche come Mtsho-Ma-Phah-Pa, o Mtsho-Ma-Dros-Pa, in cinese Ma-p’in-muta-lai (situato fra il Gurla Mandhata (7.793mt) e il monte Kailash (6.714mt), esiste “…un’antichissima città abitata da una popolazione che ogni otto giorni si riunisce in un edificio comune, per farvi sacrifici e pregarvi. I fedeli stanno a gambe incrociate, mentre un uomo in abito bianco esegue un rito sopra una bassa mensa. In ultimo si alzano tutti con ordine e in silenzio; giunti davanti all’uomo, ricevono un pezzetto di pane e un sorso di vino e ritornano a sedere.”
Il lago era celebre anche in India ed il Mahabharata ne canta spesso la santità. Era chiamato originariamente Manasa-ara.
Se facciamo un salto in Brasile, vicino ad Araquaya, su indicazioni di Homet, troviamo una tribù, cugina dei Carajas, i cui componenti recano sul viso una incisione profonda che riproduce un disegno rotondo simbolizzante il rito ebraico della circoncisione. Il nome della tribù è Iavaeh, una parola semitica di origine sconosciuta che ci porta fra i Nefilim. Una tribù che possiede interessanti leggende.
Migliaia di anni fa vi era sulla terra un solo popolo. Un uomo vecchissimo di nome Arunderi un giorno mise in guardia le tribù dallo straripamento dei fiumi e consigliò loro di recarsi sulla vetta della montagna per non morire sommersi dalle acque. Obbedirono. Arrivò la pioggia che durò diversi giorni e notti finché la terra non fu sommersa. Seguono i racconti di come furono inviati una tartaruga e un uccello per controllare il livello delle acque. In pratica la creazione di un popolo scelto da Dio, che diede i natali a tutti gli altri popoli.
Si racconta che il Dio Kano-Siwa prese le sembianze umane per sedurre una fanciulla di cui si era innamorato.
Storia affine alla leggenda di Zeus e Leda. Kano-Siwa, per fermare il sole (analogia con Giosuè), chiese aiuto al padre Urubu-Reis (aquila reale ), detto dai Carajas Ra-Ra-Tse-Ca (il Dio di tutto). Noto in Egitto e Medio oriente come Uraeus. Il padre prima lo lasciò morire e poi lo resuscitò, rallentò il sole e creò un nuovo mondo, una nuova vita (un legame con Cristo).
Al tempo in cui gli animali avevano la parola, il Dio Kano Siwa chiese ed ottenne di privare del fuoco gli animali (storia simile Mediterranea e nel culto di Siva in India).
Vi è anche la leggenda sulla nascita del sole che vide protagonista un uomo di nome Ararareis (da A-Ra-Ra che significa “Dio del sole” e Reis, Principe in semitico).
Un racconto ricorda la genesi biblica. In origine, vivevano al centro di un lago, in fondo alle sue acque. Vollero venire sulla terra ma, al momento di ritornare laggiù da dove erano venuti; un serpente con il suo corpo circondava il foro che si trovava in mezzo al lago impedendone l’ingresso. Notevoli le somiglianze con le storie delle sirene del “Rio Tapirape”.
In Brasile, nello stato di Marnhao, vi è un lago sul fondo del quale vive una Dea “delle Acque” che canta. In Colombia troviamo un lago dove vive “la Dea dell’Eldorado”, che presiede alla fabbricazione dei Rospi Sacri simbolizzanti Ra, Dio del Sole, comune in Amazzonia, nato con lo stesso nome, nello stesso modo (dalle acque primordiali) del Dio Egiziano.
In lingua Javaeh il luogo ove era situata la capitale di questo popolo è detto: Canaan.
La festa principale della Tribù si chiama “Arua Na” che significa “Nostra Arua”, la nostra festa solare Arua. Festa in comune con gli Aruas di origine mezza fenicia.
Le navi Fenice erano alla testa di tutte le flotte del Medio Oriente e navigavano nel Mediterraneo e nell’Atlantico. Adoravano il Dio del Sole. Due le correnti colonizzatrici fenice: una dal Mediterraneo all’America del Sud, l’altra, la più antica, giunse in Polinesia, Patagonia, Africa e alle Rive dell’Indo. Sull’isola di Corvo, nelle Azzorre, sono stati ritrovati oggetti Fenici. Un tempio fenicio è stato ritrovato nell’arcipelago Bissagos, nella Guinea Portoghese.
Presso i cugini degli Javaeh, i Carajas, il figlio del Dio viene chiamato Siva ed è rappresentato da un Lingam. Lo si ritrova nel pantheon Indù come Dio distruttore e Padre Costruttore allo stesso tempo. Si trasforma nel dio Nysa, re delle montagne in groppa al toro celeste con ai piedi un serpente arrotolato (come il dio solare Crom). Dall’unione con Paravati nacque Skando, dio guerriero e Ganesa, dalla testa elefantina. Uno dei simboli con cui viene raffigurato è un tridente, come Nettuno, Poseidone.
I Maya annoveravano un Dio con la testa di elefante circondato da raggi di sole ed un serpente coricato ai suoi piedi. A Creta, in Egitto, fra i Celti, nella Guinea Portoghese, in Argentina, il simbolo del dio è un toro con un disco solare situato fra le corna.
Forte il culto del toro in Egitto, tanto da istituire due Serapeum, i sepolcri dei tori sacri al dio Api, uno a Menfi e l’altro a Saccara.
Il Dio indù del sole accompagnato sempre al serpente Vrita e dalla sua sposa Sachi, nominato anche nel Rig-Veda, è Indra, il Signore degli eserciti, e del cielo. Fra tutti gli uomini scelse Judhisthira e lo condusse nel cielo. Geova fece lo stesso con Enoch ed Elia. Indra, Dio dell’energia e della forza, è assistito dagli Asvin, dai Marut (Dèi dei venti) e a volte da Visnù, più noto nel pantheon Indù che in quello Vedico.
Visnù è accompagnato dalla sua sposa Laksmi, Dea della bellezza e della fortuna, mentre cavalca Garuda. Viene rappresentato anche sdraiato su Ananta, mentre dal suo ombelico spunta un loto d’oro, dal quale emerge Brahma, guardiano dei Veda, dalle quattro teste barbute, a sua volta raffigurato con Sarasvati e con un cigno sacro (Hamsa).
Visnù aveva dieci discendenti chiamati Avantara, fra i quali un pesce che salvò Manu dal diluvio; la tartaruga che sostiene il monte Mandara; il nano Vamana che con soli tre passi si impadronì dei tre mondi dominati dal gigante Bali; Rama eroe dell’epopea e Krishna, auriga di Arjuna.
Indra figlio di Tvasrt, chiamato Dyaus cielo, è il Dio che sconfisse gli Ausura e i Titani. La solita storia è riportata dalla mitologia greca e romana.
Possedeva carri muniti di un volume di fuoco capace di abbattere tutto quello che si trovava sul loro cammino. Alcuni potevano perfino volare. Col suo carro celeste, raggiante di luce, poteva sterminare i nemici i quali, per salvarsi, fuggivano verso la città delle tre alture. Città menzionata in molte leggende americane e anche da Platone, che parla dei tre picchi che si trovano presso la capitale dell’Atlantide.
Una leggenda di Galway (Irlanda), dice: “Un tempo tutti danzavano nell’aria come foglie nel vento autunnale. La gente era in grado di volare; bastava cantare un certo motivo e suonare i cimbali”.
Alcune storie che parlano dei “Nani” li definiscono eccellenti costruttori, bastava che fischiassero e le pietre si mettevano a posto da sole. Cosa conosciuta anche dai Maya. La piramide del Mago è nota anche come la casa del “nano”, il quale, grazie ai suoi poteri, si dice la eresse in una sola notte. A Tiahuanaco le pietre si alzavano al suono prodotto dalle trombe, sistema conosciuto anche dai monaci tibetani.
Secondo le stanze di Dzyan l’uomo poteva volare se cantava un certo motivo suonando i cimbali.
In un racconto arabo si legge: “I sacerdoti misero sotto le pietre dei papiri che contenevano scritti segreti e toccarono le pietre con le bacchette (…) esse si levarono nell’aria e volarono fino alle piramidi.”
Un aneddoto aiuterà a spiegare meglio quanto sopra.
Gli appartenenti ad una tribù africana, che non avevano visto mai un automobile, nel descrivere il modo con il quale i bianchi la mettevano in moto, raccontavano: “Per muovere i loro carri magici i bianchi toccano il Djjn (demonio) con una bacchetta (manovella).”
Esiste in India la città di Tollan che ha come culto Siva e Indra. Il nome è comune ad una leggenda Peruviana che parla di Paria-Caca e delle cinque uova cadute dal cielo da cui uscirono cinque falconi che divennero cinque uomini. Riferimento all’età d’oro di Tollan, regione misteriosa situata nel mare a Nord Est del Messico, da cui hanno tratto origine le tribù Tarianas (forse Atlantide?).
Indra e le sue armi ci conducono in Irlanda ove l’eroe mitologico, provvisto dello stesso potenziale, era Chu-Chu-Lainn, figlio di Lug con, guarda caso, sette dita per ogni mano e ogni piede, generato 3 volte, dalla capigliatura tricolore educato dalla Maga Scasarc’h che gli fece dono di una lancia magica detta Gaebolg. Arma che si allungava a volontà e non mancava mai il bersaglio.
Nessuna lancia convenzionale ha proprietà simili; si trattava di un tubo, all’estremità del quale scaturiva un raggio mortale che colpiva l’avversario a qualsiasi distanza. Data la sua velocità e autonomia di propulsione, certamente un raggio laser o un raggio simile.
Il Dio bianco dei Maya e Toltechi dell’antico Messico era Ku-Kul-Kan; accanto a lui stava il dio del cielo Itzamma, un uomo bianco e barbuto venuto dal mare di nord-est, per civilizzare.
Anche qui leggende e racconti parlano di battaglie aeree avvenute nella città delle tre alture. Per i Quiches il serpente dalle piume verdi è Cucumatz, che è anche l’altro nome di Quetzalcoatl, Dio solare Azteco, Verbo Solare la cui stella è Venere.
Figlio del Dio del cielo Mixcoatl, il cui nome significa “serpente delle nubi” (una astronave?) e della dea della terra Chipalaian, detta “scudo giacente” (gli Dèi si unirono con i terrestri come dice il Vecchio Testamento). Il Serpente Piumato dalla pelle bianca e con la barba a punta, come l’Apollo Siriano venuto dal mare di Nord Est (coincidenza?), che insegnò agli uomini tutte le scienze, tanto che la pianta di cotone forniva fibre già colorate. Adorato sotto l’aspetto di Venere, veniva rappresentato dalle tribù ebraiche in forma di serpente con le piume.

VIRACOCHA

Si ha notizia che un disegno rinvenuto a Palenque somiglia ad un Semita.
Scrittori come Taylor Hansen, Cieza de Leon, De La Vega, Simone Waisbarg, Kolosimo ed altri, che hanno indagato su quanto raccontato dagli spagnoli durante la loro invasione nelle Americhe, ci presentano un gigante bianco, barbuto, con un tridente, che regge una catena alla quale è legato un serpente mostruoso. Identificato dagli Iberici con San Bartolomeo, simile al Nettuno di Platone (Poseidonis di Atlantide); che raffigura il “dio bianco” Viracocha, il creatore del mondo, al quale era consacrato il tempio di Tiahuanaco (città chiamata Chuquiyutu da Diego D’Alcobada), palazzo definito la vera ottava meraviglia del mondo per le sue dimensioni. La sola sala del trono era 48 metri per 39.
Gli spagnoli parlano di sessanta giorni e sessanta notti di pioggia incessante. Dopo il Diluvio, Viracocha si stabilì nell’isola sul lago Titicaca e plasmò gli uomini d’argilla e vi soffiò dentro la vita, insegnò loro il linguaggio e le scienze, i costumi e li distribuì nel mondo volando da un continente all’altro. Si diresse poi a Tiahuanaco; da qui inviò due emissari a ovest e a nord. Lui prese la strada per Cuzco. Sopra una carta geografica possiamo tracciare la cosiddetta “Rotta di Viracocha” che passa da Pukara, città distrutta dalla caduta di un fuoco dal cielo, come avvenne per Sodoma e Gomorra. Pukara è equidistante sia da Tiahuanaco che da Cuzco.
Viracocha inviò il figlio verso Pachacamac a “regolare i solstizi”. Se tiriamo da questo punto una linea verso Pukara e consideriamo il percorso del sole, avremo un angolo di 24° e 25′. Nel solstizio d’inverno la declinazione del sole sarebbe di 24° e 8′. Oggi l’angolo avanza a 23° e 27′. Da calcoli specifici è stato determinato che l’anno in cui avvennero queste cose era il 3100 a.C. Gli studiosi di Morley pongono l’inizio della civiltà nel 3113 a.C..
Studiando l’Unità di misura Americana, comune a tutte le culture del continente, Maria Scholten scoprì che la data iniziale degli Atzechi era il 3100 a.C. Secondo il Centro d’investigazione Archeologica della Bolivia, il più antico strato di Tiahuanaco risalirebbe a 3130 a.C. L’America, in pratica, misura il tempo dall’arrivo di un Dio sul pianeta, che i Peruviani chiamarono Viracocha e i Messicani Kukulcan o Quetzalcoatl. Altri appellativi attribuiti a Viracocha erano: spuma del mare, Huaracocha, Conticci, Kon Tiki, Thunupa, Taapa, Tupaca, Illa. Inoltre era considerato l’architetto, il costruttore, l’insegnante, il guaritore e possedeva “l’arma del fuoco celeste”.
Successivamente Viracocha si diresse a Cajamarca e a Puerto Viejo. Da qui se ne andò attraversando il mare camminandoci sopra, cioè utilizzando il veicolo che lo aveva condotto sulla terra. Il viaggio pianificato e l’istruzione dettata al popolo fanno supporre che appartenesse ad una cultura avanzata di origine “non terrestre”.
Non rimane che citare le storie che parlano degli Asar, che volavano nel cielo con macchine descritte come “fionde d’oro” che riuscivano a “frantumare le montagne”.
Nella storia del Diluvio, che cancellò Aztlan si ritrova, dopo un esodo verso una nuova terra, un personaggio di nome Mexi che ricevette, a Tenochtitlan, i comandamenti da un Dio chiamato Huitzilopochtli, colui che sta nel seno della terra, un dio vulcanico, che apparve “sulle ali di un uccello” in cima ad una montagna.
Altre analogie con la Bibbia si ritrovano nella eliminazione di alcuni ribelli: Jehova, sceso dalla sua “nube”, uccise 14.700 ribelli seppellendoli vivi; Viracocha strappò loro il cuore.
Quando si eressero i templi al Dio si fece festa; al Dio israelita furono sacrificati 22.000 capi di bestiame, in Messico 22.000 uomini. Trentaquattro anni dopo la loro costruzione, entrambi i Templi, furono distrutti: Gerusalemme da Sesac nel 925 a.C., quello messicano da Cortes nel 1521 d.C..
Elena Blatvaskj proclamò che il Panteon, ovvero la Teogonia Nahua, Aria, Brahamanica, Greca, Romana erano identiche e prossime a quella che scomparve con Atlantide. Irochesi e Atzechi avevano il culto dei quattro Dei del Vento (i punti cardinali): Xipe Totec, il rosso, l’est; Queztalcoatl, il bianco, l’ovest, il sole nascente origine dei Nahua; Tezcatlipoca, il nero, il nord, dio della notte e Huitzilipochtli, l’azzurro, il sud. Sopra di loro il due volte Dio Omeoteotl che, secondo i Nahua, è “colui che governa l’energia” e genera quattro figli, cioè i quattro elementi: acqua, terra, aria e fuoco.
Ometecutli è lo spirito tonante e Ometecihuatl il serpente acquatico. Queztalcoatl proviene da Venere, come l’omonimo Irochese Tiahuizcalpantecult. Così troviamo Centzonhuitznahuan, con la testa nel seno delle onde, e corrisponde allo Zenit; come il dio delle onde Ea; Poseidon; Nettuno.
Fu proprio Taylor a raccontare che, fra gli Apaches in Arizona, Tiahuanaco era considerato un centro del loro leggendario passato e descrissero, senza mai averla vista, la statua del Bianco Barbuto. La statua colpì particolarmente gli archeologi: rappresentava un Dio che stringe in ogni mano una spada in posizione verticale, col significato di amicizia, ma entro certi limiti. La spade sono ad angolo retto in modo da formare, con gli avambracci e con la testa, un tridente, che gli Apaches indicarono come il loro segno di riconoscimento. “Là, dove si alza la statua, è il luogo della nostra origine”.
Un vecchio saggio raccontò a Taylor che vivevano nell’antica terra del fuoco molto tempo prima del diluvio, il paese era il cuore del mondo. La capitale era immensa, la terra molto estesa, le montagne le più alte e nelle loro viscere viveva il dio del Fuoco che, un giorno, infuriandosi, distrusse la terra. La gente fuggì sul mare verso occidente.
Ovunque nel paese sorgevano templi dedicati a Viracocha. Più di una volta gli spagnoli testimoniarono di aver trovato individui di razza bianca, addirittura biondi e recenti ritrovamenti archeologici lo hanno confermato.
Altro nome di Quetzacoatl e dimora del Dio stesso è Teo-Ti-Hua-Kan. In lingua semita significa Il più grande di tutti gli Dei. Teotihuacan era la città consacrata al Sole. I Toltechi e i Nahuas la consideravano come la Mecca per i musulmani e Gerusalemme per gli ebrei.
Un serpente piumato ad ali aperte compare anche sul trono di Tutankhamon e un altro sui muri della Piramide del Faraone DJoser a Sakkara.
Tloque Nahuaque è invece il Dio supremo dei Nahua. In semitico ha tre significati che si riferiscono a Quetzacoatl: uno è “stella che si corica quando un’altra si alza” e veniva raffigurato con un disco sul dorso. Gli Aztechi appartenevano alla stirpe dei Nahua, chiamavano la loro terra d’origine Aztland e la capitale del regno era Tenochtitlan, patria del feroce Dio Huitzlopochtli al quale si sacrificavano vite umane.
Le testimonianze dei conquistadores spagnoli rivelano che a Tenochtitlan si battezzavano i bambini con l’acqua, si praticava la confessione e la comunione distribuendo pezzetti di pane durante le cerimonie. Usanze che ritroviamo presso i Maya con la celebrazione della ” festa dell’acqua”, il 16 maggio, giorno in cui i cattolici onorano il santo dell’acqua Nepomuceno. I maya inoltre festeggiavano l’8 settembre, nascita della madre del “dio bianco”, e, guarda caso, la Chiesa riconosce in quel giorno la data della natività di Maria; inoltre il 2 novembre era il giorno dedicato ai defunti e il 25 dicembre quello in cui si commemorava l’arrivo del Dio bianco. Sono solo coincidenze?
Riprendendo la pista dei serpenti anche il Dio del sole Siriano, Sadafra, ne tiene uno arrotolato su un bastone, gli tiene compagnia anche uno scorpione. È un dio Benefico come Mitra.
In Amazzonia e presso gli indiani della California sono noti Ormuzd e Ahriman, raffigurati con diversi simboli quali il Lingam, lo Yoni, il Loto, il cerchio solare, il serpente e il Toro sacro. Sono anche Dèi Iranici del bene e del Male abbinati a Mitra.
In Iraniano Mihr vuol dire “sole” e Mitra significa “creatore della civiltà solare”. Contemporaneamente figlio e Dio del sole. Guidava il carro Solare in chiaro il collegamento con Apollo. Nella dottrina di Mitra troviamo il Dio del fuoco Agni, l’equivalente del Focolare Astrale del Mondo; Rudra dio del fuoco distruttore, Surya il sole che governa il mondo, Varuna creatore del mondo, custode dell’ordine cosmico, compagno e rivale di Mitra dio dell’Alleanza e dell’amicizia.
Creatore della religione di Mitra fu Zaratustra, vissuto seimila anni prima di Serse. La sua fonte principale sembrano essere i canti della prima parte dell’Avesta. Annunciò anche la venuta di Ahura-Madza (rappresentato con un serpente coricato ai suoi piedi), dio supremo della luce e del sole, che cambiò il suo nome con Ormuzd.
Mitra fu un grande Dio, figlio di una “Vergine immacolata”, poi marito sempre di una vergine. Nella sua dottrina ritroviamo l’adorazione dei pastori a un bimbo nato in una grotta, il battesimo con l’ acqua-madre, la comunione dei fedeli, l’uso sacro del vino, del pane, dell’acqua.
Il suo culto era praticato anche dagli antichi romani, come si è potuto rilevare dalle raffigurazioni ritrovate nei sotterranei di Roma. Proprio sotto la zona di piazza del Tritone esiste un affresco murale, rinvenuto per caso in un ampio locale ove si tenevano i riti in onore al dio Mitra. Nella raffigurazione si può osservare il Dio che uccide un toro e dalla ferita esce del sangue, dalle gocce del quale nascerà nuova vita. Le forze del male, rappresentate da un serpente e uno scorpione, sono impegnate ad impedirlo, cercando di fermare lo scorrere del sangue fino a terra, cibandosene. I due animali sono presenti in ogni raffigurazione del Dio. Nel dipinto si possono vedere i segni zodiacali, e Apollo sul carro del sole. In un riquadro in alto è rappresentato lo stesso Mitra che riceve alcuni simboli dal Dio del sole.
Il Cristianesimo non conosceva la data della nascita di Gesù e scelse, per un’altra strana coincidenza, di celebrarlo lo stesso giorno della nascita di Mitra.
Non solo il 25 dicembre è la data ufficiale della festa del Dio del Sole, ma anche quella della venuta del “dio bianco”, legata al culto solare di Crom.
Nei paesi iperborei il dio del sole fu chiamato Crom; il Verbo, il padre del Tempo, circondato dai suoi 12 Dèi inferiori: uno per ogni pietra del Cromlech.
Il viaggio sulle tracce di Crom inizia nell’Irlanda, culla del dio. Fuso con l’Apollo Borvo, l’Apollo Belenus e il Giove mediterraneo, in una sola entità, viene adorato un po’ dovunque: fra gli Arawaks in Argentina, a Sant’Augustin, nella Terra di Dentro in Colombia, a Tiahuanaco in Bolivia, in Polinesia, a Tikal. Lo troviamo anche a Quiriga nel Guatemala, nell’Honduras, nello Yucatan, fra gli Indios Tapiraes in Amazzonia. E ancora in Florida, in Patagonia, a Tucuman, a Santiago del Fadera.
Il raggio di luce che proveniva dal Dio, fonte della creazione, rappresentò suo Figlio. Il Menhir, il Cromlech divennero il simbolo del membro, il fallo che continuava la razza umana. Il dolmen unisce le religioni che in esso raffigurano il Padre Eterno. Quei culti dove si ritrova un Figlio che possiede una natura divina e una umana; un dio fatto uomo, circondato, non a caso, da dodici apostoli.
Il simbolo di Crom compare nella tomba del faraone Anem Herkopshef, dove il principe è ritratto accanto al “guardiano delle dodici porte”, ognuna delle quali corrisponde a uno dei dodici gruppi delle stelle dello zodiaco.
La mitologia norvegese parla di dodici Dèi seduti ad una tavola, visitati da Loki, dio del male, tredicesimo invitato, che, alla fine del pranzo, giunto ad un alterco con Baldur, dio della pace, lo uccide. L’India preistorica tramanda che è male essere in tredici a tavola.
Miti Tibetani raccontano che il 13° posto veniva riservato solo al Dalai Lama, se un altro si fosse seduto al suo posto sarebbe stato ucciso.
Dato che la Mitologia Norvegese è la più antica, si traggano le conclusioni.
In India e in Tibet le tradizioni iperboree sono associate al Dio del Sole e al Cigno che lo accompagna.

IL NUMERO DODICI
E siamo giunti ad un altro numero ricorrente, come il numero sette, nelle tradizioni dei popoli: il 12.

  • Dodici le costellazioni, dodici i pianeti, dodici i mesi dell’anno.
  • Dodici i giorni e dodici le notti (giorni Epagomeni) aggiunte alla fine di ogni anno per eguagliare l’anno solare.
  • Il numero dodici è il più frequente sui petroglifi, in relazione alla religione di Crom in Amazzonia.
  • Dodici gli Apostoli di Gesù, dodici gli Uomini inviati a Canaan, dodici le pietre del pettorale del Papa, dodici gli Adityas dei Brahamani in relazione con i dodici mesi dell’anno.
  • Anche nel Rig Veda è frequente il numero dodici.
  • Dodici lettere formano il nome di Dio seguendo le dodici mutazioni del Tetragramma ebraico.
  • Dodici titani in Grecia, dodici navi greche nell’Odissea, dodici cavalieri della Tavola Rotonda, se esistiti.
  • La corona con le dodici piume d’aquila posta dai Pawnees sulla testa della giovane sacrificata al sole o a Venere.
  • Dodici le vie del mare aperte da Dio secondo le storie Quichè.
  • Dodici le trecce che cadono dal turbante delle statue di Tiahuanaco, rappresentanti le dodici divisioni sacre (tribù) del dio del sole.
  • Dodici le tribù di Israele, dove mille anni prima di Cristo si portava il turbante.
  • In questa terra si sognava di un padre di tutte le cose che si chiamava Mot e veniva rappresentatodall’uovo cosmico (Brahama). Quel Mot nemico di Baal-Adad.
  • E a Tiahuanaco migliaia di anni prima, esisteva un “padre di tutte le cose” rappresentato dall’uovo cosmico, di nome Mut (Mout). Intorno al Dio dalle quattro dita, raffigurato sulla porte del sole a Tiahuanaco, considerato il signore del tuono e del fulmine, adorato anche in Amazzonia, vi sono: Lliphi-Lliphi esperto in razzi e esplosivi; Chijchi guardiano delle munizioni; Akarapi padrone del freddo, Ritti dea delle nevi; Nina guardiana del sacro fuoco del fulmine, Pinchinquilla dio dei Vulcani, Waira dio degli Uragani; Yallpa Karkati lo spirito dei terremoti e Keko dio dei campi. Con Pacha Mama, la Dea Madre, fanno dodici divinità.
  • Dodici le ore del giorno e dodici quelle della notte, il che ci porta al ventiquattro ricorrente nelle dottrine giudaiche e armoricane come ricorda M.Homet.

APOLLO
Apollo era il dio del sole degli Ieropolitani della Siria raffigurato con barba e mantello a forma di scudo bordato di serpenti che si diramano fino sul dorso, identificato con Crom e menzionato anche nel Libro dei Morti Egiziano.
Adorato nella Provincia Vestmanland, Svezia, dove il suo carro era trainato da Cigni, mentre nel Mediterraneo troviamo un carro tirato da cavalli. Fetonte era figlio del dio del sole e auriga del carro del padre, il quale fu costretto ad abbatterlo poiché Fetonte ne perse il controllo. Si configura con Elio figlio del titano Iperione e di Tia.
Per l’Ellade, era Dio degli uomini e figlio di Zeus-Giove, Jupiter Dianus.
Apriamo una piccola parentesi per specificare che Zeus deriva dal sanscrito Dyaush-Pitir, padre degli Dei e massima divinità delle tribù ariane che si stabilirono in Grecia.
Va aggiunto anche che, quando furono scritti i Veda, aveva perso molta della sua importanza e col nome di Dyu era divenuto uno degli otto Vasus appartenenti al culto di Indra. Questi, insieme al Dio Agni, era in possesso dell’arma Agneya. Agni per i latini è il padre splendente detto Phoibos. Assimilato a Xantos il biondo Chrysocomes dalla capigliatura d’oro.
Per i Danubiani diviene Belenus, lo splendido, per gli Inglesi Balan, noto anche come Balin, Belinus, Belinas (Belin il venusiano), cioè Elinas padre di Melusina, chiamata anche Levisina, Eleuisina, fata, dalla forma di un serpente volante. Per i Galli è Granus, per gli Indù Bala (Bala-Rama), Osiride per gli egizi, sposo o fratello o compagno di Belisama (simile alla fiamma), venusiana iniziatrice assimilata a Minerva.
Apollo è anche Lug figlio della Dea Madre dei Celti chiamata Danu, Donu o Don. Eroe dei Tuatha De Danan, tribù celtica situata, venendo dalla Terra dei Tumuli, al di là della regione delle brume e del grande fiume oceano, che si stabilì in Irlanda cinquemila anni fa.
Lug significa luce (lux), viene identificato con gli Dèi civilizzatori Gwydion, Ogmios e Odino di origine misteriosa (di un diverso pianeta?).
La tribù di Dana appartiene al Dio Dana. In pratica la Corte di Don (Llys Don), modo con cui si designa anche la costellazione di Cassiopea. Dana ne è il pianeta maggiore.
Odino chiamato anche Wotan, era il dio germanico della guerra, creatore e ordinatore del mondo, padre della civiltà. Armato della lancia fatata Gungnir, datagli dal nano Brock, capace di colpire sempre il bersaglio prima di ritornare fra le mani di chi l’aveva lanciata.
Wotan era riconosciuto anche in Guatemala, presso gli Aztechi, gli Zapotechi, fra i Maya, seppur con significati diversi.
In Perù gli indigeni lo chiamavano Guatan “vento a turbine”. Gli spagnoli nei loro resoconti testimoniano di aver visto nei templi molte statue che lo rappresentavano.
Wotan aveva il suo Walhalla e le Walchirie che guidavano le anime degli eroi.
Alla mente torna la storia, narrata da Diodoro Siculo, di una regina delle Amazzoni che combatté gli Atlantidi e si alleò con Horus. E cosa pensare del “vento a turbine” Wotan?
Nel Pantheon germanico si narra la storia della Dea Frigg che invia la sua ancella, Gna, in diversi mondi. Gna utilizza il cavallo magico detto “scalpitante” in grado di “viaggiare sopra la terra e i mari innalzandosi in aria”.
Quale significato può assumere il seguente passo del racconto: “…Gna incontrò in aria alcuni Wanen (Vani) stranieri…”.
Il nordico Thor con il suo martello “tonante”, il “Mjolnir”, era considerato il signore dei Wanen tedeschi che “rendono insicuri gli spazi aerei”. (In sanscrito è il Tanaytnu dei Veda).
Dopo che gli Dèi germanici sconfissero i giganti, gli esseri sovrannaturali, crearono il mondo e si divisero in Asi e Vani, in lotta fra loro.
L’Apollo dei Galli e degli Irlandesi è figlio di Arianod (ruota d’argento), unica figlia della Dea Madre; ricorda apparecchi volanti che nella mitologia Indù trasportarono gli antenati dal cielo alla terra attraverso la “Via di Aryaman”.
Lug, l’irraggiato, che nessun mortale può guardare, richiama l’irraggiamento di Mosè, Esodo XXXIV 29, che sceso dal Sinai si coprì il viso con un velo per proteggere quelli che lo avvicinavano. Eroe, dall’aura chioma figlio di Latona, dea della Notte; il Baal dei Fenici, il Bel degli Assiro Babilonesi, la Grande Stella Splendente dei popoli Americani (forse la rappresentazione di Venere).
Lug o Apollo, quindi, è associato ai cigni e al disco solare. Centinaia di battelli con dischi solari sono stati ritrovati nello Jutland. Un carro d’oro con tanto di disco a Syra. Nell’isola di Seeland, Danimarca, un carro di bronzo con un disco d’oro. Navi identiche a quelle dell’Europa del Nord e del Brasile preistorico sono state trovate a Troia.
Le navi normanne, dalla prua a forma di Cigno, con Scudi tondi sospesi alle fiancate, rappresentanti il disco solare sono uguali a quelle dello Jutland. I normanni sono arrivati in Francia, Spagna, Portogallo, Sicila, Ungheria, Roma, Canarie, Azzorre, Madera. Stessi ritrovamenti a Tel-El-Amarna in Egitto. Il culto del Cigno lo si trova a Nackhalle (Svezia), Magdeburg (Germania), Colombrin (Irlanda).
Scudi decorati dal “fiume Oceano” ove i cigni scortano sempre il Disco Solare, sono descritti da Omero quando parla dello scudo di Achille forgiato da Vulcano, il quale, nel bordo, vi raffigurò il “Fiume Oceano”.
Esiodo ha scritto un poema sullo scudo di Achille: “L’oceano sembrava ondeggiare intorno a questi scudi. Cigni volavano per l’aria, altri nuotavano sulla superficie delle acque”. Come faceva Esiodo a vedere Cigni nel Mediterraneo?
Ancora cigni nell’Ungheria preistorica, quando questo animale era sconosciuto. Nella Gallia Celtica si trova anche la Ruota Solare con il disco e l’ascia a doppio taglio. Imbarcazioni votive nell’Isola di Marajo, Amazzonia, e nel Tocantins; simili a quella di origine Etrusca trovata a Vetulonia.
In Scandinavia e Irlanda una Dèa regnava su dodici fiumi ghiacciati raffiguranti gli Dèi minori. Il nome di uno di questi era Thor. Tor (toro), invece, era il Dio del sole El, raffigurato con barba e corna dai Cannaniti, col titolo di Abadan, figlio di Baal. Tyr era il nome della città del dio fenicio El, noto con il nome di El-Yom (il giorno, la luce), circondato da Balim (le forze della natura), ovvero Baal, dio solare di Tyr. Riconosciuto anche dai Celtiberri dell’Irlanda e della Gran Bretagna.
Teshub, Dio delle tempeste urartiano, è il Burias indoeuropeo, colui che fa luce; è il Meir semitico, colui che illumina i cieli.
Ritroviamo il Dio del Tuono del fulmine dei Cannaniti, per i quali cambiava il nome in Hadad quando si trovava seduto sul toro.
L’Adad dio delle tempeste degli Amurriti. Adad in accadico, Ish.Dur in sumero. Figlio di Enlil, a lui vennero assegnate le terre nord occidentali, l’Asia minore e le isole del mediterraneo, che divennero la sede della civiltà Greca; era raffigurato su di un cocchio trainato da un Toro, con tridente e un fulmine in mano.
È Ramanu, sposo e zio di Inanna di Uruk, detta Inni, la Venere dei Sumeri (Ir.Ni.Ni. o Ishatar. La signora forte e fragrante, regina delle terre di Aratta, che poteva volare grazie al suo “Me”. Quest’ultima un’entità fondamentale nella religione Sumera.
Quando Inni appariva nel cielo irradiava una luce accecante che distruggeva le case dei nemici. Figlia di Sin (accadico) Nar.Nar (sumero). Dèa adorata nella Valle dell’Indo (la terra di Aratta?). Una statuetta che la raffigura è venuta alla luce anche negli scavi effettuati ad Harappa. Afrodite per i greci, Astarte per ebrei e Cannaniti; Ishtar per ittiti, Assiri e babilonesi, che volava su una “barca del cielo”. Ashtart nell’isola di Creta; Anat in Ugarit; Astaroth in Ambracia, una regione dell’Areto, simbolizzata fra i Pelagi e Fenici con versi sacri a forma di fallo. La dea venusiana dell’Egitto è Athor (Iside stella del Mare), la signora di Byblos dei Fenici sposa del Toro Mneis detto El o Baal.
Dea dell’amore, della bellezza, una Orejona come quella degli Incas (orecchi perforati, usanza adottata per riconoscersi); Edjorh o Adjorh, che significa notte, l’Afrodite degli antichi scozzesi. Il più antico segno venusiano del Toro corrisponde alla venuta dei primi iniziatori diecimila anni or sono. Baal-Adad come dio dell’Atmosfera, sempre associato al Toro, si ritrova nell’isola di Pasqua, nella Colombia Britannica e a Tel El Amarna in Egitto. Baal nella Cabala viene raffigurato in un loto stilizzato con un serpente a due teste e nello stesso modo anche a Mohenjo Daro. Ugarit gli attribuisce pure un padre chiamato Dagon, divinità Cananea, il cui culto si diffuse da Mari (3000 a.C.) in Babilonia, fino in Assiria, Cappadocia, Siria e Palestina.
Assimilato a Enlil, era considerato anch’esso Dio dell’Atmosfera, venerato anche come dio del grano in Fenicia (Dagan) e della fertilità. Secondo la Bibbia era una divinità dei Filistei e aveva un tempio ad Ashod, distrutto nel 147 a.C. da Gionata Maccabeo.
Abbiamo detto che la Dèa Scandinava che comandava dodici Dèi minori era Ra, considerata la Dèa del Sole, e lo era anche in Polinesia, Tartaria e nelle Ande Brasiliane.

RA E LO ZEP TEPI
Il principale dio del sole egiziano era Amon-Ra, figlio di Ptah, il Creatore, che aveva fatto emergere le terre dalle acque alluvionali ed era giunto in Egitto da altri luoghi, forse dal Nord (Crom?). Ptah comparve al re di Menfi col suo carro celeste e gli ingiunse di celebrare gli anniversari del suo regno “per sei volte centomila anni”.
Per i Greci era Hephaistos, che in seguito si fuse con Sokaris, Dio dei morti, rappresentato con la testa di falco. La dea più importante era Hator, proveniente da Atfih, raffigurata con corna di mucca tra le quali spesso veniva posto il sole che tramonta. Rivale di Mut dalla testa di Leone, adorata a Tebe, dea della guerra e sposa di Amun. Altra dea della guerra era Sachmet, anch’essa dalla testa leonina, dea di Menfi, che sputava fuoco sui nemici.
Il Toro era adorato a Eliopoli, era noto come Mnevis, detto dagli egizi “On”. Il re e dio della città era Harachte, dalla testa di falco e rappresentato col disco solare alato; più noto come Horus o Horo. Figlio di Osiride e Iside nominato “medico della casa di Ra”.
Ra o Re, il sole, la luce creata da Atum, la più antica divinità cosmica che si posò su di un tumulo di terra da lui stesso fatto sorgere dalle acque, il famoso colle primordiale, per donare la luce al mondo. Si incorporò con Ra dando vita a Ra-Atum, simbolo di vita e di salvezza. Assunse le sembianze di un uccello, il Bennu, e volò sul Benben.
Una pietra nera a forma di piramide, adorata da sempre nel centro religioso di On, noto come Eliopoli, sulla quale si riteneva si fosse rivelato sotto l’aspetto di un uccello (La Fenice). Ra-Atum masturbandosi creò il Dio dell’aria Shu e la Dea dell’Umidità Tefnut. Dall’unione dei quali nacquero Geb e Nut, la terra e il cielo.
Anche qui ricorre l’idea di una fecondazione artificiale di un ovulo operata utilizzando lo sperma di Atum. Geb e Nut procrearono Osiride, Iside, Seth, Nephtis. Osiride e Iside a sua volta, Horus. ultimo sovrano della dinastia celeste.
Apriamo una parentesi su questa vicenda nota col termine greco Enneade. Furono i primi dieci Dèi che regnarono in Egitto nel primo tempo, lo “Zep Tepi”, quando vi erano gli “Urshu” e i Neteru. I documenti peraltro confermerebbero il tutto.
Eusebio di Cesarea, riportando quanto scritto da Manetone ci indica che per 13.900 anni regnarono gli Dèi, dopo di loro i semidei per 1.255 anni. I primi Re umani per 1.817 anni, dopo di loro altri quaranta sovrani per 1.040 anni. Seguirono 5.813 anni di governo degli spiriti dei morti, prima della prima dinastia Egizia del 3.100 a.C., per un totale di 24.925 anni.
Diodoro Siculo ci dettaglia una cronaca che ci riporta al 23.100 a.C., mentre Erodoto, con i suoi 39.000 anni, concorda quasi con il papiro di Torino. Questo documento, scritto in ieratico sotto il regno di Ramesses II, appartenente alla collezione Drovetti, fu acquistato nel 1824 da Carlo Felice di Savoia. È stato esaminato da Champollion, Seiffarth e Giulio Farina, vi sono elencati i nomi dei Re che regnarono in Egitto, dal primo tempo fino alla XIX dinastia.
Vi si leggono bene novanta nomi che la scienza ufficiale assegna dal 3100 a.C. in poi, non degnandosi di considerare i nomi appartenenti a periodi precedenti tale data. L’elenco inizia con i nomi di dieci “Neteru” e relativi anni di regno, seguono i nomi di re mortali vissuti prima del 3100 a.C. Il riepilogo finale menziona il regno dei “venerabili” Shemsu-Hor in 13.420 anni e 23.200 anni di regni prima degli Shemsu, per un totale di 36.620.
Emergono altri interessanti particolari: quando Geb salì sul trono ordinò venisse portata la scatola d’oro di Ra. All’apertura di questa i suoi compagni rimasero uccisi da una saetta di fuoco: Un congegno difettoso, che secondo Hancock ricorda l’Arca dell’Alleanza. La scatola d’oro conteneva il bastone di Ra; l’Arca il bastone di Aronne. Poteva la saetta essere energia accumulata dal “bastone” (arma laser?) in essa contenuto? Abbiamo già detto che le armi laser dovevano essere tenute immerse nell’acqua per raffreddarle.
Il papiro di Torino riconosce Thot come il settimo o sesto faraone. I suoi libri vennero nascosti dal Dio stesso in varie parti del mondo perchè venissero “trovati solo dai degni”. Thot successe a Osiride, raffigurato come Viracocha, altissimo e con la barba. La dimora di Osiride secondo il libro dei Morti “poggiava sull’acqua” e aveva muri formati da “serpenti vivi”.
Hancock ci presenta Osiride come un dio che vagò per il mondo per insegnare agli uomini come vivere civilmente e per tale motivo viene identificato con Viracocha. Sotto queste spoglie lo ritroviamo in Etiopia, Arabia, India, Tracia, Bolivia, Messico, Tiahuanaco, Teotihuacan.
Secondo i Sumeri, Ra era uno dei figli di Enlil, al quale venne assegnata la terra del Nilo quando ci fu la spartizione del pianeta per evitare conflitti fra le dinastie di Ea ed Enlil. Contenuto in un bocciolo di Loto rappresenta il cosmo e la sua anima e ritornerà nel Loto (Brahma?).
Ra veniva rappresentato qualche volta col capo formato da quattro arieti sacri. Nelle Ande era raffigurato da Condor e Rospi (il pensiero va a ciò che è stato raccontato circa gli “uomini Condor”) . In Egitto Ra veniva identificato con un Falcone o da un Rospo. Il rospo e la Rana rappresentano anche Crom. Il cane era invece nel Totem degli Huanacas la raffigurazione del dio del sole.
Amenofis IV, non contento della divisione di Ra in Amon e Schamash, creò il dogma del Dio Unico Aton, cambiò il nome con Akenaton, figlio di Aton, e fondò la città di Aketaten nota col nome di Tepe El Amarna. Aton era il Disco solare.
Stranamente i Messicani dividevano la loro storia in quattro periodi detti:

1 – Aton-atiuh
2 – Ehec-aton-atiuh
3 – Eton-atiuh
4 – Ti-alton-atiuh

Un inno al Dio Ra dice: “Tu ti aggiri fra le stelle e la luna, conduci la nave di Aton in Cielo e sulla terra come le stelle che girano instancabili e gli astri presso il polo Nord che non tramontano mai”.
In una piramide si trova un’iscrizione “Tu sei colui che è, alla testa della Nave del sole, già da milioni di anni”.
Abbiamo già accennato ai racconti di Taylor Hansen che, trovandosi fra gli Apaches dell’Arizona, mostrò loro alcuni dipinti egizi. In uno di questi riconobbero la divinità cui avevano dedicato una danza, svoltasi poco prima davanti allo stesso Taylor. Chiamavano il dio Ammon-Ra, “il signore della Fiamma e della Luce”.
Il dio Unico nascosto adorato dagli egizi che si manifestava nel sole sotto nomi e figure diverse, come pensava Benoit de Maillet, simile al concetto di Kircher che considerava gli Dèi egizi come simboli che nascondevano il mistero dell’incarnazione del Verbo Eterno.
Ra è anche il dio del sole nelle isole Marchesi. Adorato anche dagli Ariti, ad ovest dell’ Amazzonia, parenti di quelli che vivevano sul Reno e in Grecia, e degli Ariani della Persia.
Il simbolo religioso principale degli Ariti Amazzonici è una croce come quella di Malta, trovata incisa sempre su una pietra dura Verde (diorite – come la croce cristiana e quella del dio Marduk, il drago volante dalla testa di serpente).
Schamash era il dio solare e protettore dell’impero dei Babilonesi. A Babilonia s’impose Marduk con il nome di Bel e con lo stesso nome penetrò in Assiria. Mentre En.lil si identificò con Kharbe, vecchio Dio dei Cassiti.
I Babilonesi adoravano anche il dio della Luce Nusku. Ma il Dio solare e protettore dell’Impero Babilonese era Shamash. Noto a Larsan col nome di Utu (il luminoso), come Dio del sole e, a Sippar, come Dio della Guerra. Raffigurato con le ali, a capo di un esercito formato da guerrieri anch’essi alati e raffigurati con la testa di un aquila.
Fratello di Irnini, figlio di Sin e nipote di Enlil, Dio dello Spazio Aereo, a sua volta figlio di Anu che edificò Nippur, Schamash era considerato il signore di Sumer e del popolo dalla testa nera, sposò Sud chiamandola Nin.Lil.
Il tempio di Nippur era descritto come una dimora che toccava il cielo, “la casa per ascendere al cielo”; da lì En.Lil innalzava i raggi che frugavano nel cuore di tutte le terre (qualcuno dice fossero luci o laser).
Suo fratello Ea.Enki, il signore delle acque salmastre, creò l’uomo con l’aiuto della signora della montagna Nin.Hur.Sag (chiamata poi Nin.Ti), signora della vita.
“Ti”, sta per vita e anche per costola, quindi divenne la signora della costola come Eva.
Enki ebbe due figli Ninurta, indicato dalle cronache come colui che scagliava “dardi di luce” e Nanna, ossia Zu sovrano di Ur, il quale “volava con la sua barca del cielo”.
Altre storie strane si narrano: Ninurta combatté contro Zu quando questi rubò le tavolette dei destini e lo abbatté con un Til (vocabolo sumerico, in assiro Tilmun). In ebraico Til significa missile.
Shamash per i Moabiti, Fenici e per gli Aruas (Amazzonia) era Chamesh; Chemis nell’isola di Haiti, Cadmos per i Fenici (il Dio Rosso), adorato anche lungo le coste dal Baltico all’Indo.
Camosi o Comesh, dio del sole Venezuelano, insieme a Keri, dea della Luna, venerata anche nelle tribù dello Xingù, nelle isole Capitao Vasconcelles e nella Penisola di Malacca come Dio del Fulmine, della Luce, del tuono e terremoti, del Sole; detto il Creatore, noto col nome di Te-Pe-Dn.
Sul lago Titicaca, nelle Isole dei Canneti in Bolivia vivono gli Uros che affermano di essere il popolo più antico di quello degli Incas e sostengono che il loro ceppo era esistente prima di To.Ti.Tu., il padre del cielo che creò gli uomini bianchi.
Dicono di avere il sangue nero: “non siamo come gli altri uomini perché veniamo da un altro pianeta. Noi esistiamo da quando la terra era ancora nelle tenebre. Siamo rimasti pochissimi ed evitiamo qualsiasi contatto con altre popolazioni.”
Il nome Uros ci conduce a Horus, alla tavoletta d’avorio ritrovata da Jean Jacques Marie De Morgan sulla quale vi sarebbe scritto: “Appartiene al cielo chi è del cielo, insieme agli Dei che debbono ascendere. Padre sono venuto a queste due madri (i due avvoltoi femmine). Io ascendo al cielo e viaggio sul metallo, io salgo al cielo tra le stelle, le immortali”.
Horus, ovvero Horo, che a bordo della Barca di Ra usò “l’occhio di Horo” per colpire il nemico Seth. Cosa era “l’occhio di Horo”?
Horo era il compagno di Thoth, Dio del sole dell’energia, delle scienze, raffigurato come una scimmia, il babbuino dalla bianca pelliccia, giunto dal cosmo con una “camera Celeste” (somigliante ad una Capsula Nasa), che atterrò sulla collina dell’isola delle due fiamme in mezzo al lago dei due coltelli.

ERMES THOTH
Identificato con Ermes Trimegistos, Enoch per la bibbia, alto sette cubiti (proprio sette), l’onnisciente, conosciuto come Thut, Dehuti, quello di Dehut. Era anche colui che poteva controllare “l’acqua originaria Nun”, ossia lo spazio cosmico. Dio della medicina. Edris per il Corano, Enoc il Settimo patriarca per gli Ebrei e Orfeo per i Greci.
La storia di Enoc si fonde con quella di Ermete, entrambi nascosero i libri della sapienza sotto le colonne di Mercurio per poi scoprire che la scienza era stata trascritta proprio sulle colonne.
Ecco quindi il Primo Ermes, il dio Thoth, dio delle scienze inventore dei geroglifici, della matematica, dell’astronomia e della medicina, la mente unica creatrice dell’universo. La sorgente del mondo, il potere della volontà che trasforma il pensiero in materia. Come citano i testi egizi: “Ciò che emana dalla sua bocca diviene. Egli parla e la parola prende forma.”
Thoth è il contabile dell’universo, la sorgente di tutte le leggi naturali, il pastore degli uomini e il veicolo di conoscenza, il rivelatore nascosto. Giudice finale che vaglia la verità, i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, presiede alla pesatura del cuore e determina chi può essere ammesso al regno dei cieli.
Nel libro del respiro insegnava agli uomini come divenire Dei, attraverso il controllo del respiro. Thoth tramanda l’antica saggezza scritta su sui rotoli che nasconderà in due colonne situate una a Eliopoli e l’altra a Tebe. Solone narra che su di esse vi era incisa la storia di Atlantide. Erodoto scrisse che una era d’oro puro e l’altra come di smeraldo, capace di risplendere di notte con grande brillantezza.
Thomas Taylor raccontò di aver letto che tali colonne furono rinvenute nelle caverne vicino a Tebe. Tante le storie riguardo alle colonne e tanti i personaggi che le hanno menzionate, Achille Tatius, Crisostomo, Laerzio.
Giuseppe racconta che al suo tempo esistevano ancora ed erano state erette da Set, ma non quel Set, Tat, Thot, Sat, che erano la stessa persona. Furono i figli del Drago, i figli del Dio Serpente a costruirle, cioè coloro che venivano identificati come gli Ierofanti Egiziani e Babilonesi prima del diluvio, insieme agli abitanti di Atlantide. Di queste colonne parlò anche Erodoto e da queste colonne arrivò il sapere in Egitto.
Thoth ci porta a Ermes, chiamato Mercurio dai romani, figlio di Zeus e Maia, a sua volta figlia di Atlante. Nato sul Monte Cilene in Arcadia, è noto come Dio della fertilità, dei sogni, protettore delle greggi e della natura, messaggero degli Dei, conduttore dei morti nell’Ade. Colui che aiutò le tre Moire a comporre l’alfabeto, che inventò l’astronomia, la scala musicale, una cetra a sette corde, l’arte del pugilato e della ginnastica, la bilancia e le misure di capacità, la coltivazione dell’ulivo. Secondo la dottrina Indù Ermes e Buddha erano la stessa persona; nell’ordine genealogico egizio Ermes è il figlio del grande Thoth, Dio di tutta la conoscenza nascosta.
Il sacro numero abbinato ad Ermes è il quattro, con il quale si indica la materia, la sostanza delle cose. Quattro sono gli elementi, i punti cardinali, le regioni celesti egizie, i figli di Horus, i vasi canopi, i figli della terra, i bracci della croce.
Disquisendo riguardo al termine Herm o Herma scopriremo che il suo significato è “pile di pietra”, confine, limite invalicabile. Alla frontiera con la Palestina si eleva la più alta sommità della regione, il Monte Hermon, luogo della discesa dei duecento veglianti, il luogo proibito, il confine che marca il punto dove Mosè si arrestò.
Ermopoli, Ermontis, Hermon, Ermopcrates costituiscono un unico fenomeno formatore della prima scena della civiltà che proseguirà il suo cammino con la forma della Cristianità.
Esiste una casa a Tebe che porta il nome di Ermontis; i re che venivano incoronati qui erano associati al processo di unificazione delle province egiziane, questa casa era un luogo consacrato al culto solare.
Ermes è anche il nome di un pianeta minore scoperto nel 1937, un asteroide che con un’orbita eccentrica passa molto spesso vicino alla terra. Nel gennaio del 1938 si avvicinò di circa 485 miglia.
Ermes Trimegisto è il riconosciuto autore della Tavoletta Smeraldina, ossia della descrizione delle leggi naturali della materia e dell’universo. La tavoletta è un antico artefatto, una sorgente di alchimia e scienze ermetiche condannata dal potere patriarcale dei sacerdoti egiziani, dalla chiesa medievale e dai nostri moderni capi politici e religiosi; ove sono codificate misteriose espressioni che la rendono una possente formula per raggiungere una trasformazione spirituale e accelerare l’evoluzione della specie umana attraverso il raggiungimento dei più alti stati di coscienza.
Sarebbe stata modellata in un unico blocco rettangolare di verde cristallo, o di puro smeraldo, con lettere in basso rilievo di uno strano alfabeto sconosciuto, simile all’antico fenicio, definita da chi ha potuto osservarla un accurato lavoro artigianale.
I riferimenti ad una mente, una sola cosa e la relazione fra il Sopra i il Sotto, riportati su tale Tavoletta sono stati evidenziati in molti papiri egizi fra i quali quello di Ani e nel Libro dei Morti. Gli egizi con i loro simboli esoterici hanno nascosto la vera natura di Ermes; dalle vecchie leggende emergono tracce di misteriosi viaggiatori giunti in Egitto dodicimila anni fa in possesso di un potere tecnologico e spirituale trasmesso attraverso la tavoletta di smeraldo. Il famoso Zep Tepi quando esseri divini vivevano in terra e regnavano in Egitto.
E riguardo a Thoth emergono altre storie.
Singolare che Manetone, nel raccogliere le storie dell’Egitto, parli di quattro periodi dinastici prima del regno dei faraoni, in tal modo nel 10.700 vi era il regno di Thoth, “colui che calcola i cieli”, il misuratore della terra.
Questo coinciderebbe con l’era che vede l’intaglio dell’orologio stellare Stonehenge, posizionata unicamente sui cicli lunari; Thoth era anche il dio della Luna.
Un racconto egiziano narra di un calendario conteso tra Ra e Thoth, nel quale risulta che quest’ultimo era partito da una terra remota. Coincidenza?
Ricollegandoci alla “collina primordiale” notiamo che la parola “Tepe”, cioè collina o montagna vulcanica, ha lo stesso significato in molte parti del mondo: in Medio oriente (ittiti), Albania, Montenegro, fra gli Indiani Americani, in Polinesia, Grecia, Persia, Isola di Pasqua, Valle dell’Indo, Aztechi, Messico; lo aveva perfino per i Cro-Magnon.
Wai-Ra era il Dio del sole delle Hawai, (Wai = sole, Te= Dio da cui Wai-Te-Ra, ossia la montagna del dio sole Ra).
Una delle isole, Sa-Wai, in lingua semita significa “il più antico” e in lingua Thaitiana “l’Universo”. In Polinesia si crede che l’anima ritorni alla dimora del Sole, cioè al Ka-Wai (il Ka degli egizi). Yo è l’altro nome del Dio del sole Polinesiano. Oiv, il Dio della Trinità dei Celtiberri, è in evidente rapporto con l’Aun dei Veda, che ricorda l’Iod ebreo detto, dagli gnostici Ioa, (Iov in Ungheria).
Tupan è per gli Amerindi il dio del Tuono e del Fulmine e la fumata dei vulcani e delle eruzioni, è il Grande Dio del Mondo per il Brasile e in Amazzonia un tempio porta lo stesso nome.

IL DIO, L’ACQUA E LA DEA MADRE
Ea è il grande serpente delle acque, padre di Marduk, rappresentato con la forma di un pesce dai Caldei (come Cristo al tempo delle catacombe).
Per i Caldei era anche il Serpente del Fiume Oceano che circonda la Terra e che origina il mito Sumero di Tiamat, ove spicca la figura di Ea-Enki di Eridu, signore delle acque salmastre. È il grande pesce delle Hawai collegato a Nommo, il dio anfibio, giunto sulla terra a bordo di “un’arca piena d’acqua”, “un vascello volante simile ad una fiamma” che si è spenta quando ha toccato terra.
Nommo è l’istruttore dei Dogon; colui che ha insegnato loro ciò che riguarda Sirio, il suo compagno, il suo peso, che ha parlato dell’anello di Saturno e delle 4 lune di Giove, della rivoluzione della terra. L’Uomo Pesce chiamato Seiren proveniente da Sirio (Serios). Per l’Egitto aveva un compagno “oscuro” di nome Anubis (Sirio B). Sothis (Sirio) regolava il corso del Nilo.
I Dogon dicono che Nommo “divise il suo corpo fra gli uomini per nutrirli” e “fu crocefisso su un albero per poi essere resuscitato” (come Osiride e Gesù).
Diviene Oamnes per i Sumeri e si ricollega ai Kappas, “esseri dei Canneti”. Siamo tornati nuovamente intorno al Titicaca, ove sembra che siano state viste dai sommozzatori molte città sommerse sul fondo del lago.
In Giappone al Tempo di Elan (IX÷XI a.C.), anfibi legati a veicoli simili a conchiglie (l’arca di Nommo) si “muovevano a gran velocità sia sulle acque che in cielo”.
Bipedi con arti palmati con tre dita a uncino, pelle serica, lucida, grandi orecchie, naso a proboscide terminante dietro le spalle in una gabbia a forma di cassetta, cappello con quattro “aghi” che ricordano il Dio elefante indonesiano Ganesa (Ganesh).
In Antiochia era adorata Attis che muore e resuscita dopo essersi bagnata in un fiume. Spontaneo il collegamento con Orejona.
Anche la Bibbia ha la sua creatura marina, il Leviathan, un serpente alato (Nahash Baraian), o tortuoso (Nahash Aqalaton).
Il suo corpo composto di squame, come scudi fusi insieme; il suo starnuto è uno splendore di fuoco, gli occhi come le ciglia dell’aurora, dalla sua bocca escono fiaccole di vivo fuoco, dalle froge fumo; quando si rizza tremano gli Angeli, dietro a lui risplende il sentiero e nel suo interno grandi lampade sono sospese (il pesce di Giona?).
Il Dio dei Maori, Maaui, “pescatore di terre”, comune nelle isole del Pacifico, ha relazione con l’acqua e con strumenti atti al volo.
Il mito dell’acqua primordiale della Dea Madre, si ritrova ovunque, l’acqua che sgorga, l’acqua “madre di ogni vita”. Alom per i Quiches, Manu la divinità creatrice di mondi, Mani la forza creatrice degli Indiani, Mani-Tu il Dio creatore dell’America del Nord.
Per gli Assiri e i Babilonesi Ninti, la Dea che diede i natali alla razza umana, la Signora della Vita e, come Eva, la signora della Costola. Madhava (Maria) la Vergine Madre di Buddha; Maha l’intelligenza prima, la manifestazione del Verbo. Mat-Syra-Zmlya la Dea Madre dei russi. In Egitto Marca o Marica, ossia la Vergine Madre di nome Maria.
Un altro punto in comune col Cristianesimo e la vita di Gesù. Krishna nacque prima di Gesù da una donna pura e vergine di nome Devaki; e così fu per Buddha, Lao-tse, Kungfu-Tsu, Quetzalcoatl, Marduk, tutti nati da donne vergini dopo un'”annunciazione” e l’intervento dello “spirito santo”. Tutti hanno in comune la compagnia degli angeli e la visita di “magi”.
Nell’Egeo, Creta e Mesopotamia troviamo Ma o Mata, ovvero “Donna di ogni forma di Vita e di fertilità”. Ma, in semitico, significa “Acqua”. La Maut o Mut Egizia. La Maya regina dei cieli di Pitagora. La figlia di Atlante dei greci, di Brhama il Creatore. La Mariam degli Etiopi e la Miriam degli Ebrei.
Maya è anche il nome del popolo che si dichiarava proveniente da Atlan o Aztland, come gli Incas venivano dalla porta ove sorge il sole. Maya è il linguaggio che i Greci comprendevano e l’impero nei confini del quale convivevano popolazioni bianche e nere (manoscritto di Chichicastenango).
Mana-Quilla, la dea Inca protettrice delle donne sposate e future madri. Mama-Cocha, l’acqua piovana che fertilizza la terra (Inca). Pacha Mama, adorata da un popolo che abitava il centro Preincaico di Tiahuanaco della quale era “l’acqua, madre di ogni vita”.
Una statua messicana, uguale a quella di Artemide ad Atene, simboleggia la Madre-Terra. Esistono chiare similitudini con Hera, Giunone e Gea, la terra.
La Giunone dei popoli dell’altipiano peruviano, madre del genere umano, era Orejona.
Padre Blas Varela, prendendo spunto dalle tradizioni andine, racconta dell’arrivo, all’alba dell’umanità, di “un’astronave splendente come l’oro” che si posò vicino all’isola del Sole, sul lago Titicaca.
Dall’astronave scese una donna bellissima ma dal cranio a forma di pan di zucchero, diretto il riferimento alle statuette degli Dèi di Ubaid e ai crani dolicocefali rinvenuti ad Abido, Ica e Merida; mani e piedi palmati, con quattro dita e dalle orecchie molto grandi, come gli Dei dell’Asia.
Veniva dal pianeta Venere e generò i primi uomini accoppiandosi con un tapiro. Poi un giorno Orejona ripartì con la sua astronave e non fu più vista.
Il mito delle civiltà solari per eccellenza fu quello della Dea Madre insieme a quello del serpente.

IL SERPENTE
Vedi la Dèa Mertserger, serpente e avvoltoio degli Egizi, l’Ureus, la Barca cosiddetta solare di Karnak, che vola da un orizzonte ad un altro, il cui scafo è un serpente, l’Ureus sacro; scolpito sui frontoni dei templi e raffigurato da due serpenti alati. L’Ureus adorato dalla setta Agnotè dei Celtiberi nella città di Pol-De-Leon. Il disco solare di Ra in Colombia; Dio della luce in India, conosciuto col nome di Agni.
In Egitto il sole viene rappresentato come un serpente con la coda in bocca, stessa usanza fra gli Hopi e i Maya; è pure la rappresentazione di Siva. Rappresenta la saggezza Extra Umana.
Il serpente a spirale lo si ritrova fra Fenici. I Naga sono i serpenti della mitologia indiana. Agrippa di Colonia identifica l’albero del Sapere con il serpente e con il fallo, nello stesso modo viene identificato nella Genesi cap. III.
Serpente e Fallo originarono i Menhir, Dolmen e Obelischi (da Obelos cioè “spiedo”), serviti per rappresentare il Dio del Sole Crom-Ra.
Anche in Perù si trovano disegni di falli dipinti sulle urne dell’Isola di Marajo (Rep. Domenicana, Foce del Rio Amazzoni), come nel ritratto di Iside mentre cerca il fallo di Osiride. Il Lyngam, nei miti indiani Algonquini del Nord America, con il serpente avvolto in un cespuglio, che si torce come se bruciasse, ricorda il cespuglio ardente che vide Mosè.
Bassorilievi Inga identici, datati dodici o quindicimila anni fa, si trovano nell’isola di Pasqua; a Mohenjo Daro; nel Dahomey e in Egitto, da dove siamo partiti con Osiride.
Va aggiunto che Inga, o Inca, era il luogo dal quale veniva la tribù ismaelita (semita) di Canaan dalla quale derivarono i Fenici. Chiamati così dai Greci a causa del colore rosso in greco appunto “phoeniken”.
Il capo supremo fra i fenici riceveva l’appellativo di “Inca”.
Maco Capac (si pronuncia Mago Gapag) era il titolo che venne dato al generale colonizzatore Amilcare Mago Barga, generale Cartaginese capo delle forze Fenicie, morto nel 500 d.C..
Il dio fenicio dei viaggiatori si chiamava Melcart e, guarda caso, in Perù ad Arequipa, vi è il Tempio di Melgart collegato a Cuzco e Puno a mezzo del “camino del Inca”, dedicato a Manco Capac.
Infine il primo imperatore peruviano viene descritto: alto, biondo, di pelle bianca, occhi chiari e naso aquilino.
Il Dio dei Fenici fu Baal Samin che significa “Signore che è nei cieli” e la sua dimora era la “grande pietra conica”. Questo ci riconduce alle piramidi e all’Egitto.
Anche esaminando l’atto della creazione, l’inizio del tutto, si trovano denominatori comuni in ogni usanza.
In India l’inizio è Visnu disteso, immobile su di un cobra dalle mille teste; entrambi sono situati sopra un oceano di latte. Il serpente Ananta rappresenta l’assenza del tempo, l’eternità.
Anche in Egitto si ritrova l’oceano primordiale, il Nun, origine di ogni cosa. La distesa delle acque chiamata Nammu, madre del cielo e della terra, che per i Sumeri era il Caos. Il concetto venne ripreso dalla Bibbia, quindi per tutti esiste un Caos iniziale dal quale tutto ebbe origine.
Per i Greci era un vuoto pieno di potenza privo di organizzazione; per il mondo germanico era uno spazio vuoto ove a settentrione ponevano il Niflheim, il paese delle nebbie e delle tenebre, a sud il Muspellsheim il paese del fuoco e del benessere. C’è da chiedersi per qual motivo hanno usato un nome come “Niflheim” che ricorda tanto il popolo dei “Nefelim”.
I cinesi raffiguravano il caos come un otre, mentre i Giapponesi come un oceano d’olio.
Panku divise il suo corpo di gigante creando gli elementi. Gea e Urano generarono i Titani come Oceano e Crono, quindi in tal modo si crea la vita e il tempo, che dona ordine agli eventi.
Ma al di là della ricerca del principio vitale che mosse il creato e originò le varie genie di Dei, in ogni popolo, in ogni Pantheon, ognuno doveva fare i conti col destino, il fato.
Odino seguiva i decreti delle Norme, tre Dee del Destino (Urd, Skuld e Verdandi), Zeus seguiva le orme delle Moire. Brahma generò l’uomo su progetto e ordine di Maya.
Per concludere ritorniamo ad Osiride per ribadire che fa parte dei miti Egizi e simboleggia tutti i fenomeni di natura ciclica, come la vita e la morte, e che contiene una vicenda e un pensiero precristiano del quale l’Egitto sembra esserne la culla.
La fonte del Cristianesimo si trova nei culti ellenistici dei misteri, provenienti da antichi culti egizio-orientali. Il culto di Attis, Dionisio, Mitra e Iside, contengono ciò che si trova nell’odierno cristianesimo.
Nel nome di Mitra e di Dionisio si guarivano i malati, si risuscitavano i morti, si contemplava un battesimo, si praticava la comunione con tanto di ostie e vino, per rappresentare il corpo e il sangue della divinità.
Come abbiamo visto era contemplata la nascita mediante la penetrazione di un raggio divino nel corpo di una madre vergine. Si ritrova perfino una strage degli innocenti effettuata da un re geloso.
Se leggiamo le storie dei grandi messia delle religioni vi troveremo molto in comune, scopriremo che ognuno parla di verità: Buddha si definisce, come Gesù, “la verità”; Zaratustra promette di tornare “con i santi angeli”; Krishna annuncia che “il mondo non lo riconoscerà”.
Osiride, Viracocha, Quetzacoatl, o altro, fu l’iniziatore di una religione sofisticata che sviluppò prima del 3100 a.C., dato che in quel periodo era già fortemente radicata.
Non a caso oggi si è riscoperta la vicenda di Akhenaton e Mosè, del Monoteismo, si indaga su Ermes-Toth e la Tavola di Smeraldo.
Si analizzano le dottrine esoteriche, si ripercorrono le vicende dei Templari, si sondano i misteri alchemici, si riesumano i libri apocrifi e i miti religiosi dei popoli per carpirne i segreti.
Alla fine ci ritroviamo di fronte a un Dio Unico, che assume nomi e sembianze secondo le credenze dei popoli. Un’unica forza creatrice che “ci circonda, ci penetra, tiene unito tutto l’universo”.

di Mauro Paoletti per Edicolaweb

fonte: edicolaweb.net

GLI ELOHIM: RELIGIONI, MITI E LEGGENDE A CONFRONTOultima modifica: 2017-07-19T19:44:51+02:00da subbuteo63
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