Spiritualità come via di fuga

“Il ricercatore spirituale cade facilmente vittima di un numero enorme di miraggi, che occorre sapere riconoscere ed affrontare”. (Mariana Caplan)

Pare che la maggior parte dei ricercatori spirituali siano persone sensibili e idealiste, facili a lasciarsi entusiasmare dalle utopie, che ricercano valori alti e il significato profondo della vita. Persone che si oppongono ad un mondo dove il successo sembra essere la misura di tutto. Dove l’importanza del potere e della materia non lascia spazio per il Sacro.

Penso che la nostra epoca, caratterizzata dalla carenza di certezze e dalla forte esigenza di risposte, possa produrre continue richieste di spiritualità, armonia interiore e speranza. Siamo in tanti ad aver bisogno di accoglienza, amicizia, amore e approvazione. In tanti a voler credere di avere la propria vita sotto controllo. E la sensazione che gli eventi possano sottrarsi al nostro dominio, ci spaventa al punto tale da cercare spiegazioni affinché il percorso della nostra vita acquisti un senso.

Una via di fuga

Sono una fan del “senso della vita” ed è stato difficile per me smettere di cercare un significato in tutto ciò che accadeva alla mia vita, formiche in cucina comprese. Mi è stato detto che la spiritualità possa essere una grande trappola per chi lavora su di sé, una sorta di gabbia dorata. Il suo luccicare, infatti, ci fa dimenticare che sempre di gabbia si tratta.

Ed oltre ad una gabbia, penso possa anche essere una via di fuga. Anche per me lo è stata. Una parte della mia ricerca spirituale è stata una via di fuga dalla sofferenza.Mentre una parte mi ha permesso di crescere, di sperimentarmi, di comprendere maggiormente me stessa. Non cercare più un guscio dorato dove essere al riparo e non rifiutare nemmeno il dolore o la paura, è allora una sfida che riguarda ogni essere umano. Al di là delle idee che abbiamo della spiritualità.

Qualche anno fa ho avuto a che fare con una persona che provocava in me un senso di insicurezza, mi sentivo vulnerabile e indifesa, a disagio e spaventata ogni volta che mi trovavo a dover interagire con lei. Il mio spontaneo approccio a ciò che stavo vivendo, era quello di chiedermi quale parte di me quella persona mi stesse mostrando e così ho iniziato un processo mentale di domanda e risposta tra me e me.

La “Legge dello Specchio” parlava per me: “Sono anche io aggressiva e non permetto a questa parte di me di emergere? Sto giudicando l’aggressività e quindi incontro persone che mi mostrano ciò che reprimo? Dovrei forse rileggermi il libro “illumina il tuo lato oscuro” ecc”. A cosa è servito interrogarmi su tutto ciò? A frantumare i miei confini. A non separare l’altro da me. Ad assumermi responsabilità non mie. A perdere sempre più il contatto con il mio potere personale.

Il Potere personale

In che modo ho ricontattato il mio potere personale? Lavorando sui confini e sulle risorse. Tornando al “grounding” al sentire, cioè, i miei piedi a contatto con la terra. Rimettendo me stessa al centro della vita. Ancora mi chiedo se ho trovato il giusto equilibrio tra il lavoro verticale e quello orizzontale. Tra il fare focus su questa vita e il contemplare tutte le vite che la mia anima si porta con sé. Tra il lavorare su di me partendo dal radicamento e dall’ascolto delle mie sensazioni corporee e il desiderio di abbracciare il senso cosmico del Tutto.

Il Ricercatore Spirituale

Il ricercatore spirituale cade facilmente vittima di un numero enorme di miraggi, che occorre sapere riconoscere e affrontare. Scoprire le illusioni che abbiamo sul cammino spirituale può essere scoraggiante, ma rende possibili realizzazioni spirituali che prima ci erano precluse.

Alcuni ricercatori spirituali hanno usato essenzialmente la spiritualità come un meccanismo di difesa per proteggere se stessi dal mostrarsi come sono veramente. Il loro ego che sa tutto è diventato talmente preparato nel campo della spiritualità e ha creato una corazza tale attorno ad esso, che non c’è quasi verso per vedere che hanno manipolato la loro conoscenza a loro scapito.

Poiché conoscono tutto, non c’è un’apertura sincera per accorgersi che il loro ‘sapere tutto’ è precisamente ciò che li ostacola nella loro vita spirituale“. (Mariana Caplan, “Tra cielo e terra, gli errori della ricerca spirituale e le pretese premature di illuminazione”)

“Se smettiamo di cercare, cosa ci resta? Ci resta ciò che è sempre stato qui, al centro. Dietro alla ricerca c’è l’angoscia, c’è il disagio. Quando lo capiamo, vediamo che il punto non è la ricerca, ma l’angoscia e il disagio che spingono a cercare. Capire che cercare all’esterno non è la via, è un momento magico”. (Charlotte Joko Beck, “Il Libro del Risveglio”)

Articolo di Lucia Bianchini – Counselor ad Orientamento Transpersonale Integrato. Operatrice Certificata Somatic Experiencing® – Email: info@luciabianchini.it

Fonte: http://www.luciabianchini.it/blog/spiritualita-e-lavoro-su-di-se

Spiritualità come via di fugaultima modifica: 2019-03-26T18:17:55+01:00da subbuteo63
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